Una sera del 1941 Schlomo, chiamato da tutti il matto, irrompe allarmato in un piccolo villaggio ebreo della Romania: i nazisti, fa sapere, stanno deportando tutti gli abitanti ebrei dei paesi vicini e fra poco toccherà anche a loro.
Durante il consiglio dei saggi, che subito si riunisce, Schlomo tira fuori una proposta un po’ bizzarra che però alla fine viene accolta: per sfuggire ai tedeschi, tutti gli abitanti organizzeranno un falso treno di deportazione, ricoprendo tutti i ruoli necessari, gli ebrei fatti prigionieri, i macchinisti, e anche i nazisti in divisa, sia ufficiali che soldati.
Così riusciranno a passare il confine, ad entrare in Ucraina, poi in Russia per arrivare infine in Palestina, a casa. Il folle progetto viene messo in atto; Ci riescono, dopo tragicomiche peripezie (tra cui l’incontro con un gruppo di gitani che, a bordo di autocarri, hanno avuto la stessa idea).
Questo film del romeno Radu Mihaileanu, attivo in Francia, è la tragicommedia di un viaggio sotto la triplice insegna dell’umorismo yiddish (condito di una grottesca ironia critica verso gli stessi ebrei, i tedeschi, i comunisti), di una sana energia narrativa e di un ritmo di trascinante allegria cui molto contribuisce Goran Bregovic, il compositore preferito di E. Kusturica, che attinge alla musica klezmer ebraica dell’Europa orientale. La fotografia è del greco Yorgos Arvanitis, l’operatore di Anghelopulos.
Non manca una dimensione poetica, incarnata in Schlomo (L. Abelanski), lo scemo del villaggio che funge da narratore in questo film in cui l’inquadratura finale può essere vista come la chiave di lettura a ritroso…
I nazisti finti ricordano il grandissimo Vogliamo vivere, di Ernst Lubitsch; anche in Train de vie (Un treno per vivere), si tratta di un travestimento, di una beffa giocata ai danni dei persecutori. Nel moderno “Exodus” gli incidenti si susseguono spesso esilaranti, talvolta esuberanti. Gli attori risultano pittoreschi, con l’eccellente Rufus che è un punto di forza nella parte del finto comandante tedesco.
Train de vie (Trailer)
Ma il secondo film diretto e scritto dal quarantenne Radu Mihaileanu, ebreo franco-romeno figlio d’un deportato, è divertente: una farsa con autoironia su vizi e virtù ebraici, musica, canti, danze, donne nude, sketches comici, irriverenze (“Dio, qualche volta mi chiedo se tu non sia un po’ sadico”), macchiette, rivolte (“Dio li ha lasciati fare, i nazisti”), del tutto priva del pathos di Benigni, ricca di sottigliezza, d’intelligenza, di umorismo.
Il film ha ottenuto un successo internazionale grazie ai due premi vinti al Festival di Venezia nel 1998, al premio del pubblico al Sundance Festival, al David di Donatello per il film straniero.
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