domenica 6 novembre 2011

ISRAELE: RESPINTA DISCENDENTE VITTIMA SHOAH



La vicenda dell’infermiera svizzera Monique Martinek, nipote di una donna morta nell’Olocausto, alla quale è stata negata la cittadinanza

Sua nonna è stata perseguitata dai nazisti ed uccisa nel 1941 in Austria perché ebrea. Lei, Monique Martinek, un’infermiera che oggi vive in Svizzera, è stata respinta dallo Stato di Israele pur avendo diritto per legge alla cittadinanza israeliana. Motivo? Pare che tra i documenti che attestano la morte di sua nonna ci fosse una piccola nota a margine: la donna «aveva praticato la religione cattolica».

Così il Ministero degli Interni chiude le porte alla discendente di una vittima dell’Olocausto. Di religione non ebraica ma desiderosa di vivere in Israele. E che dopo aver fatto l’aliya (letteralmente «la risalita», l’immigrazione) e avviato le necessarie procedure burocratiche, se ne ritorna a casa.

«Almeno finchè non ricorreremo alla Corte suprema», assicura il suo avvocato. “C’è chiaramente un problema politico. La burocrazia è usata per creare difficoltà– spiega Michael Decker, dello studio legale Yehuda Raveh, rappresentante del Jerusalem Institute of Justice – il ministro degli interni Eli Yishai è un ebreo ultraortodosso del partito Shas, vuole mantenere Israele uno Stato fortemente religioso ed avere una maggioranza ebraica. Molto semplicemente. Per fortuna questo Stato non è il far west delle leggi”.

Decker è pacato nei modi ma deciso nella sostanza perché, dice, «la legge è dalla nostra parte: quella donna settanta anni fa ha affrontato una persecuzione ed è stata uccisa. Ora, sappiamo bene che molte cose irrazionali accadevano a quel tempo. Alcuni ebrei pur di salvarsi la vita dichiaravano in extremis di avere altre origini. E’ possibile che la nonna di Monique abbia solo cercato di evitare il martirio».

O è possibile che realmente avesse abbracciato un’altra fede, difficile scoprirlo.

«L’unica verità inequivocabile è che è stata perseguitata e uccisa a Vienna nel 1941 proprio per motivi razziali, perché ebrea», ribadisce Decker. E la sua memoria meriterebbe rispetto da parte di Israele.

“Se non sei ebreo (e Monique non pratica la religione ebraica) – spiega – ma hai un nonno o una nonna ebrei, secondo la legge del ritorno, puoi emigrare in Israele. Se poi è dimostrato che i tuoi nonni avevano cambiato “volontariamente” religione tu non hai più il diritto di cittadinanza. Ma non è il nostro caso assolutamente!”.

L’avvocato – giovanissimo ma esperto di questo tipo di cause – tira fuori un consistente faldone. Tutte le pratiche di immigrazione delle persone respinte o la cui procedura burocratica di aliya ha incontrato un qualche tipo di ostacolo. E ne estrae un documento in tedesco. Una copia di quello ritrovato da Monique nell’archivio nazionale di Vienna, quando ha iniziato a scavare nel passato della sua famiglia.

La donna ha saputo soltanto due anni fa delle proprie origini: suo padre è cresciuto in un orfanotrofio svizzero dopo aver perso, appunto, la mamma morta nel 1941.

Ma non aveva mai saputo cosa fosse realmente accaduto alla propria famiglia finchè Monique non ha deciso di indagare. Scoprendo l’atroce verità.

«Ora non ci rimane che fare appello alla Corte suprema – conclude l’avvocato – la mia tesi verte su quella parola: “volontariamente”. Devono spiegarci come dimostrano che ci sia stata una conversione volontaria di quella donna al cristianesimo e come conciliano questa supposta conversione con la morte per mano dei nazisti».

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