Abitavano sullo stesso pianerottolo, poi lei fu deportata e uccisa nel campo di sterminio. Tra loro, dice a Panorama un'insegnante polacca, c'era più di una semplice amicizia: «Se la ragazza non fosse morta, si sarebbero sposati».
La rivelazione è di quelle che fanno sobbalzare: «Se Stefania non fosse morta nel campo di sterminio, non ci sarebbe stato un Papa Wojtyla».
Barbara Las è un'ex insegnante di matematica di 81 anni di Wadowice, la cittadina dove nacque il Papa. Nella sua casa in via Legionow ha sotto gli occhi la foto in bianco e nero di una bella ragazza sui 18 anni, con i capelli raccolti in due trecce scure, gli occhi sognanti e un accenno di sorriso. È Stefania Kluger, l'amica d'infanzia ebrea di Karol, più giovane di lui di due anni.
Fu uccisa ad Auschwitz con la madre Rozalia.
Abitavano nello stesso edificio di proprietà della famiglia di lei, ricchi e colti mercanti, che aveva dato in affitto l'appartamento di tre stanze al primo piano, oggi trasformato in museo, a quell'ufficiale di fanteria, Karol senior, e alla moglie Emilia, a cui erano nati due figli, Edmund e Karol Jozef (una bambina, Olga, non era sopravvissuta). Tesia e Lolek, così venivano chiamati da ragazzi Stefania e Karol, erano cresciuti insieme incontrandosi ogni giorno nelle scale, nel lungo ballatoio, nello stretto cortile che apre sulla Koscielna (ma allora la strada si chiamava Rynek) proprio a fianco della chiesa dell'Annunciazione della Vergine Maria, poi divenuta basilica per volontà di Giovanni Paolo II.
Nel 1937 Wadowice aveva 5.347 abitanti, compresi 722 ebrei. Una proporzione vicina a quella di tutta la Polonia di allora, dove gli ebrei erano 3 milioni. Oggi, fra gli attuali 20 mila abitanti di Wadowice, gli ebrei non ci sono praticamente più, come nel resto del paese: qualche migliaio su una popolazione di 40 milioni.
Barbara Las ripete: «Se Tesia non fosse morta, niente papa polacco perché i due avrebbero finito con lo sposarsi». Aggiunge: «Non sono io a dirlo, me lo rivelò nel 1979 la vecchia maestra di Stefania, Helena Szczepanska, che conosceva e stimava moltissimo anche il giovanissimo Karol. Li aveva visti crescere insieme e aveva notato che tra loro era andata maturando qualcosa di più di una semplice amicizia. Lei ne era felicissima».
Se è vera (ma perché non dovrebbe esserlo?), è la seconda storia d'amore attribuita al giovane Karol Wojtyla dopo quella che si è sempre mormorata, tra mezze ammissioni e tiepide smentite, con Halina Krolikiewicz, partner di Karol sulla scena della compagnia teatrale studentesca, ai tempi di Cracovia. Ma sono anni successivi, quando Karol, prima studente e poi operaio alla Solvay, maturava l'idea del seminario. Eppure, c'è una forte resistenza ad affrontare questo aspetto della vita di Karol Wojtyla, quasi per paura di sminuirne la gigantesca figura. «Le ragazze non lo interessavano in quel senso. Aveva altre passioni lui» dice a Panorama l'avvocato Eugeniusz Mroz, compagno di liceo di Wojtyla («Eravamo 40 alla maturità; dieci morirono in guerra, oggi siamo rimasti in cinque» precisa).
Ma Barbara Las, forse perché donna, mostra di crederci e accarezza teneramente la bella immagine di Tesia. È il tardo pomeriggio di sabato 2 aprile. Mancano appena tre ore alla morte del Papa che tutti, specie a Wadowice, aspettano con angoscia. Mentre cala la sera, la televisione polacca manda le immagini della straziante attesa in piazza San Pietro.
Barbara Las ha gli occhi umidi: «Questa cosa non l'ho mai detta a nessuno, né l'ho vista scritta da qualche parte. Parlo oggi perché mi sembra giusto che nulla vada perduto della memoria di questo grande uomo».
In realtà, almeno la vicenda dell'amicizia tra le due famiglie vissute per tanti anni nello stesso palazzo era già nota.
Nel 1998 fu il tema di un bestseller dello scrittore Darcy O'Brien dal titolo The Hidden Pope, il papa nascosto.
Vi si narravano nei particolari le vite di due famiglie, una cristiana e una ebraica, il cui legame profondo resiste all'immane tragedia della guerra e dell'Olocausto.
C'era tutto in quel libro, che ebbe il merito di aggiungere una motivazione autobiografica al riavvicinamento con l'Ebraismo fortemente voluto da Giovanni Paolo II, tranne la segreta vicenda sentimentale tra il diciottenne Karol e la sedicenne Stefania.
Una vicenda probabilmente ignota a tutti ma non all'insegnante Helena Szczepanska, che conosceva bene i due ragazzi e che, morta nel 1985, ha portato il segreto nella tomba. Esiste però la foto di un abbraccio particolarmente struggente che ci fu nel giugno 1979, in occasione della prima visita di Wojtyla in Polonia, dopo l'ascesa al papato, tra Giovanni Paolo II e la vecchia maestra di scuola. Alla luce di quanto ha rivelato ora a Panorama Barbara Las, l'intensità di quell'abbraccio sembra riempirsi di nuovi significati. Così come appare ancora più comprensibile l'orrore gridato ad alta voce dal Papa negli stessi giorni durante la storica visita ad Auschwitz.
Nel 1943 Stefania Kluger e la madre Rozalia erano morte nel campo di sterminio, però il padre e il fratello di Stefania, Jerzy, erano riusciti a salvarsi. In realtà era Jerzy Kluger il grande amico di Wojtyla: coetanei e compagni di scuola inseparabili dalle elementari fino alla maturità, conseguita insieme nel 1938. E si sa come possono andare certe cose: che un giovanotto si innamori della sorella del suo migliore amico è stata sempre la cosa più normale di questo mondo.
Per uno strano gioco del destino, Jerzy Kluger dopo la guerra si trasferì a Roma, dove avviò un'attività imprenditoriale.
I rapporti con l'amico Karol, prima prete, poi vescovo e cardinale, non si erano mai interrotti. Ma fu all'ascesa di Karol Wojtyla al soglio pontificio che Kluger divenne celebre come «l'amico ebreo del Papa». Per lui le porte del Vaticano sono state sempre aperte.
Non solo, Karol ha seguito con affetto e partecipazione tutte le vicende personali del suo amico. Quando Jerzy si innamorò di una cristiana divorziata, Renée, che in quanto tale non poteva sposarlo con rito religioso, il Papa non esitò a consigliare alla donna di abbracciare la religione ebraica. Purché i figli eventualmente nati dal matrimonio venissero cresciuti nella fede cristiana.
Così avvenne per la figlia Linda, che ha avuto a sua volta una figlia, alla quale è stato dato il nome della zia Stefania, e il cui matrimonio è stato celebrato qualche anno fa dal Pontefice.
Ricorda tutto questo Barbara Las che, per quanto di quattro anni più giovane di Karol Wojtyla, quei personaggi e quei tempi li ha conosciuti e vissuti da vicino. Oggi sono tutti raccolti in album di fotografie, ritagli di giornale, lettere.
È ormai finito il giorno quando Barbara Las termina il suo racconto, chiude gli album di foto e ripone tutte le carte. Nel ritirarsi, sente che anche per lei questo è un po' l'ultimo giorno.
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