sabato 25 giugno 2011

Luisa Ferida e Osvaldo Valenti

Ovvero la coppia maledetta del cinema italiano di regime


Valenti e la Ferida - Valenti con la divisa della X Mas


Pertini con i capi partigiani Bonfantini e Marozin


Comizio della Liberazione a Milano. Pertini è al centro con Corrado Bonfantini, comandante della Brigata Matteotti, a sinistra e Marozin a destra. Sarebbe stato proprio Sandro Pertini a sollecitare al comandante della Pasubio, "Vero" Marozin, l'esecuzione di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Così il 30 aprile in via Poliziano per i due attori si spensero i riflettori sulla scena della vita.

Una vita estrema in cui finzione e realtà avevano lo stesso valore effimero.


Lui inquieto e temerario, lei impulsiva, lui torbido lei semplice. Si erano conosciuti attraverso Alessandro Blasetti, regista di spicco ai tempi del fascismo (vedere topic La corona di ferro). Insieme girarono molti film e dominarono lo star system di Cinecittà. Insieme si lasciarono travolgere da una vita brillante che non badava a spese soprattutto perché aveva il suo motore nella cocaina. Blasetti ricorderà così Valenti: "Non aveva eguali come attore, e anche come uomo non aveva modelli che se stesso". Per il regime Valenti era piuttosto un eccentrico...Potrebbe essere vera perciò la leggenda che racconta avesse brindato offrendo da bere a tutta Cinecittà alla caduta del Duce il 25 luglio 1943. Ma quando Cinecittà fu trasferita a Venezia, Valenti e Ferida decisero di scegliere il destino di Salò. All'inizio non fu facile; poi con il milione saldato dalla Cines, la vita brillante riprese ai ritmi consueti e sempre al di sopra delle loro possibilità. Anche politiche. A Jesolo Valenti conosce il principe Junio Valerio Borghese ed entra a far parte della X Mas, confondendo ancora una volta la scena con la vita (foto sopra, in divisa). A Milano, dove viveva nel lusso del Continental, dopo aver lasciato Venezia nel luglio 1944, incappa in un losco affare di ricettazione che lo porta in carcere. A liberarlo ci penserà Pietro Koch, uno dei più efferati protagonisti dell'epopea nera di Salò. Sarà l'uso smodato della cocaina a spingere Valenti e Ferida alla frequentazione di Villa Triste in via Paolo Uccello, dove la banda Koch perpetrava i suoi misfatti. Quando si capì che la partita di Salò era agli sgoccioli, Valenti con incosciente improntitudine, tentò di passare dall'altra parte. Ma, attratto come sempre dalle fosche e losche personalità, si rivolse a "Vero" Marozin, discusso comandante della Pasubio, che nel Veneto era stato persino condannato a morte dal Cln, uno dei più attivi nella resa dei conti selvaggia dopo la liberazione di Milano. Sottoposto a un processo sommario, Valenti negò tutto, compreso il consumo di cocaina. Ma nessuno gli credette. La fama brillante e sfrontata di Valenti e Ferida divenne il capo di imputazione principale, anche se non scritto. Quando capì che era davvero finita, per consolare la sua compagna, Valenti avrebbe sussurrato una frase che, se vera, sembra tratta di peso dai suoi copioni: "Nella vita e nella morte insieme".

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