sabato 11 giugno 2011

“Gli alberi crescono, nuvole corrono, gli anni in fretta passano” da Brundibár di Hans Krása

“Abbiamo lasciato il campo cantando”


Così scrive Etty Hillesum, “il cuore pulsante della baracca”, nella cartolina che lancia sui binari dal vagone piombato che da Westerbork la porta ad Auschwitz. Con quella sua speciale capacità, propria dei bambini e degli artisti, di trasformare dentro e fuori di sé il male in bene, la tenebra in luce.

Immagine della locandina originale con il bozzetto della scenografia di Frantisek Zelenka

Questa è la storia triste e luminosa della piccola partitura manoscritta di un opera per voci bianche, infilata di fretta dal musicista ebreo Rudolf Freudenfield fra le poche cose necessarie, cibo, qualche vestito, nella valigia preparata per un viaggio incerto, che non s’immagina senza ritorno, ed arrivata fino a noi per testimoniare e ricordare con la forza della musica e della poesia i bambini, più di un milione, e gli artisti che persero la vita ed ogni traccia dei loro stessi corpi fisici nella tragedia dell’Olocausto. Parole di speranza, vita e futuro, che risuonano alte di fronte al vuoto orrore che sarà il loro destino.

Atto Primo, Scena VI, da Brundibár, Opera in Due Atti, Musica di Hans Krása, Libretto di Adolf Hoffmeister.

ANNIKA, PEPÍÇEK E TUTTI I BAMBINI

La mamma fa dormir il caro suo tesor,
la culla dondola pensando al suo amor.
Poi verrà il giorno
quando il bell’uccellin
se n’andrà, volerà,
lascerà il suo nido.
Gli alberi crescono,
nuvole corrono,
gli anni in fretta passano.
Mammina, guardaci, siamo cresciuti ormai.
Pensa, rammenta i vecchi tempi se vorrai.
Il bagnetto facevam,
nel mastello eravam:
un bambin sì piccin e la sua sorella.
Gli alberi crescono,
nuvole corrono,
gli anni in fretta passano.
La mamma avanti va,
vuota la culla sta,
pensa al futuro quando nonna poi sarà.

Nel giugno del 1941 il direttore dell’orfanatrofio ebraico di Praga Otto Freudenfeld festeggia il suo cinquantesimo compleanno invitando alcuni amici, il direttore d’orchestra Rafael Schächter, il compositore Hans Krása, il pianista Gideon Klein, il poeta Erik Saudek, e lo scenografo del Teatro Nazionale Frantisek Zelenka. Si parla molto di Brundibár, l’opera per bambini appena scritta da Krása, che il giovane e promettente compositore ceco aveva presentato senza molte speranze ad un concorso del Ministero dell’Educazione: con l’invasione nazista per gli artisti ebrei era finita quell’integrazione che da secoli ne aveva fatto gli elementi di punta della cultura cecoslovacca, per sua natura così intimamente legata a quella tedesca. Leggi razziali e deportazioni iniziano a decimarne le file. A Schächter, quella sera, viene l’idea di farla rappresentare ai bambini dell’orfanatrofio, ma, deportato dopo poco tempo, egli non farà a tempo a vedere la realizzazione del progetto ad opera del figlio di Freudenfield, Rudolf. Nemmeno Krása deportato nel campo di Terezin nell’agosto del ’42, assisterà alla rappresentazione. Ad uno ad uno gli amici della festa di compleanno ed i bambini stessi dell’orfanatrofio vengono là deportati. Ma proprio grazie alla valigia di Rudi lo spartito raggiunge il suo autore a Terezin. La città fortezza di Theresienstadt, ad un sessantina di chilometri a nord di Praga, evacuati gli abitanti venne trasformata dal Reich, a partire dall’autunno del 1941, in un campo di raccolta e di transito per gli ebrei di numerosi paesi destinati, a loro insaputa al progetto di sterminio di massa.

Disegno della bambina Helga Weissova che raffigura l’arrivo al campo

Nonostante le condizioni di vita inumane e precarie i deportati svilupparono una vivissima attività culturale e musicale, in una disperata volontà di vita e di speranza. Periodicamente, tacendo i trasporti verso Auschwitz che partivano ad intervalli implacabili, il campo “modello”, fatto passare per una specie di casa di riposo per anziani e bambini, veniva tirato a lucido per le visite della Croce Rossa Internazionale. E in occasione di una di queste visite il 23 settembre 1943 si eseguì proprio Brundibár.


Immagine di quella rappresentazione tratta dal film “Il Führer dona una città agli ebrei”


I nazisti permettevano una sorta di autogestione delle attività culturali per nascondere il vero scopo della detenzione. Là fu girato per volere di Goebbels il famoso film di propaganda “Il Führer dona una città agli ebrei“, dove, fra laboratori di scultura e ceramica, fucine ardenti, partite di calcio, orti ben coltivati e concerti da camera, seguiti dai deportati seduti a tavolini con vasi di fiori, appaiono anche alcuni fotogrammi dell’opera di Krása, che venne rappresentata per 55 volte con un continuo forzato ricambio di protagonisti: delle 140.000 persone che passarono per Terezin 33.000 morirono in loco di fame, malattie e torture, fra le 87.000 deportate ai campi di sterminio solo il cinque per cento sopravvisse e dei 15.000 bambini soltanto 93 tornarono alle loro case.


Paul Aron Sandfort, Danimarca

Luce nell’oscurità.
Quando avevo 13 anni, presi parte ad uno spettacolo con circa altri quaranta bambini della mia età. Bambini cechi e tedeschi. Di quei bambini tutti un giorno se ne sarebbero andati da Terezin… io fui l’unico sopravvissuto. Più tardi venni a sapere che i Nazisti risparmiavamo gli ebrei danesi. Noi eravamo il loro alibi per controbattere le dicerie sullo sterminio degli ebrei. Per mostrare come era piacevole la vita degli Ebrei a Terezin, si tenevano concerti ed opere come Brundibár. Si era già rappresentata quest’opera per bambini un buon numero di volte, quando arrivai io nell’ottobre del 1943. I miei compagni ne parlavano continuamente e ne cantavano le canzoni, soprattutto “La canzone della vittoria”, Siegeslied, del finale. Nel nostro piccolo mondo ammiravamo i bambini e le bambine che avevano il ruolo di protagonisti. Nonostante i miei dieci anni, io suonavo la tromba a Copenaghen nell’orchestra per bambini del parco di divertimento di Tivoli e divenni dunque trombettista nell’orchestra di Theresienstad e suonai anche durante le rappresentazioni di Brundibár. Mi ricordo ancora molto bene dell’assolo di tromba del Walzer che danzavano i miei amici in scena. Io non conoscevo il ceco, ma grazie a Brundibár, imparai qualche parola come latte, pane, burro, zucchero, gelato, biscotti, uova, bretzel. Si trattava di tutte quelle cose che noi non avevano più mangiato da un’eternità. Ogni giorno ricevevamo soltanto un tozzo, di pane secco e quando cantavamo le canzoni sui dolciumi e le rappresentavamo, potevamo dimenticare la nostra situazione per un breve istante. Noi trovammo eccitante che il film, conosciuto oggi con il titolo di “Il Führer dona una città agli ebrei” fosse utilizzato per la propaganda tedesca. Noi i bambini, dovevamo rappresentare la nostra opera per il film. Mi ricordo in che modo il regista ebreo Kurt Gerron ci dirigeva a bacchetta e come l’Obersturmbannführer Rahm ci stava addosso durante le riprese con il frustino in mano. La maggior parte dei bambini fu deportata nell’ottobre 1944 ad Auschwitz e solo una minoranza degli attori principali restò a Terezin. Della grande orchestra rimase egualmente un piccolo numero di musicisti. Non abbiamo mai smesso di rappresentare Brundibár fino a che la Croce Rossa danese ci liberò nell’aprile del 1945. Mezzo secolo può scorrere via, i dettagli dei nostri ricordi possono sbriciolarsi, ma i sentimenti di quell’epoca restano vivi come se fosse ieri. D’altra parte Brundibár fu per noi un sogno più vivo della sofferenza quotidiana, un barlume nell’oscurità della prigionia, un barlume di speranza che ci permetteva di sperare nella libertà malgrado i reticolati. Oggi che assistiamo al risorgere di gruppi di estrema destra, l’opera Brundibár rappresenta una vera speranza per l’avvenire dei nostri bambini.

[ Testimonianza tratta dal CD ROM "Brundibar Kit" della JEUNESSES MUSICALE INTERNATIONALES ]


Solo l’ottusità dell’Obersturmbannführer non riusciva, per fortuna, a vedere nella trama di Brundibár la sua forza eversiva che, fra le pieghe della favola, nascondeva un canto di rivolta e di ribellione ben chiaro, invece, a tutti i deportati. Tutti non possono che riconoscersi nei due fratellini Annika e Pepíçek, che hanno bisogno di comprare del latte per la mamma malata, ma non hanno i soldi. Davanti a loro sfilano il lattaio, il fornaio con tutte le loro merci, che nel campo appaiono come un vero e prorpio miraggio. Un poliziotto ricorda loro che il denaro si guadagna solo con il lavoro. Come ironicamente sta scritto sopra la porta d’ingresso del campo:



“Il lavoro rende liberi”


Ma ecco che sulla piazza arriva il suonatore d’organetto Brundibár che in cambio della sua musica riceve molti soldi da tutti. I bambini cercano di cantare una canzone, ma nessuno li ascolta. Anzi vengono cacciati dal “dittatore” Brundibár in malo modo. Solo la sua musica tocca suonare, per non essere “suonati” dal suo bastone.

BRUNDIBÁR

Infernali marionette,
ora prendo il mio bastone
e con quello mostrerò
che io comando e son padrone.
Tutti zitti, state buoni,
l’organetto fa bei suoni,
tutti attenti c’è da star
perché suona Brundibár!
Su, cantiamo tutti quanti,
questo ritmo è da seguire,
ma chi vuol disubbidire
certamente è da punire!
Tutti attenti c’è da star, qua,
perché suona Brundibár.

Atto Primo, Scena VIII

Ma proprio quando sta per scendere la sera e i bambini non sanno cosa fare, arrivano magicamente un uccellino, un gatto e un cane parlanti che promettono di aiutarli: il giorno dopo raduneranno tutti i bambini del villaggio che canteranno insieme a loro. E’ notte e gli animali addormentano i due fratellini con una dolcissima ninna nanna.

UCCELLINO, CANE E GATTO

La luna muore già,
la stella li vedrà
che dormon nel tepor
del lieve sogno d’or.
Pepíçek dormi ben, sogni d’or.
Annika sogni d’or, dormi ben.
E l’alba ora viene: noi vi soccorrerem.
Buonanotte, allor, siam con voi ognor.

Atto Primo, Scena VIII

Il primo atto finisce in un clima disteso e sognante, seguito dalla Serenata un intermezzo strumentale che Krása scrive appositamente a Terezin e che risuona in tutta la sua lirica e malinconica dolcezza, quasi a rasserenare l’inquietudine del buio così fondo e minaccioso delle notti del campo. Al mattino tutti i bambini radunati dagli animali corrrono ad aiutare Annika e Pepíçek. L’unione, anche in questa pacifica guerra dei bambini, fa la forza. Finalmente gli adulti li ascolteranno cantare “La mamma fa dormir il caro suo tesor“, e riempiranno il cappello di monete. Ma ecco che il malvagio suonatore ambulante tenta di rubare il loro denaro. I bambini e gli animali si lanceranno al suo inseguimento, finalmente lo cacceranno e festeggeranno il loro trionfo con un canto finale di vittoria.

TUTTI

La guerra è vinta ormai,
sconfitto è Brundibár,
rullate il tamburin,
dobbiam festeggiar.
Audaci e fieri siam,
Brundibár battuto il regno è distrutto.
Marciamo con fervor per la vittoria
cantando tutti in cor.

PEPÍÇEK

Miei cari bimbi, sù,
alzatevi, perché
si è fatto tardi e termina l’opera.

ANNIKA

Arrivederci, sì. Ma prima di andar via
cantiamo insieme ancor
con grande allegria.

TUTTI

La guerra è vinta ormai
sconfitto è Brundibár,
rullate il tamburin,
dobbiam festeggiar.
Audaci e fieri siam,
Brundibár battuto, il regno è distrutto.
Marciamo con fervor per la vittoria
cantando tutti in cor.
L’amicizia allor resta in ogni cuor,
chi ama l’equità con noi giocherà,
insieme a noi sarà.

Si spegne così l’eco dell’ultimo accordo, tace la melodia di Krása, che tanto abilmente mescola temi popolari e musica del ’900, ora in tenero abbandono lirico, ora nello squillare chiaro degli ottoni incalzato dal rullare ritmico delle percussioni.

Alberi ed alberi sono cresciuti, da allora, cumuli e cirri e cirrocumuli di nuvole sono passati attraverso lo stesso cielo, gli anni sono trascorsi con la fretta della storia e non si sa se il regno è distrutto e tiranni ce ne sono sempre, ma noi, chi ama l’equità, siamo ancora qui, con loro, con i bambini di Terezin.

(Estratti musicali dell'opera dal CD
Hans Krása
BRUNDIBÁR
Childrens' Opera in Two Acts
Terezin 1943
Libretto by A. Hoffmeister)

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