domenica 19 giugno 2011

Joseph Roth (1894-1939)

Nato a Schwabenhof [vicino Brody, Galizia orientale] nel 1894 (morto a Paris nel 1939), di famiglia ebraica, studiò germanistica e filosofia a Vienna dove conobbe Karl Kraus. Partecipò volontario alla prima guerra mondiale, cadde prigioniero dei russi. Dopo queste amare esperienze si diede a una intelligente ma disordinata attività giornalistica a Vienna, Berlin, Francoforte. Emigrò nel 1933. Morì consumato dall’alcool.
Motivo centrale dell’opera narrativa e saggistica di Roth è la tragica vicenda degli ebrei dell’europa centrale, costretti dal crollo della monarchia austro-ungarica a emigrare verso l’occidente europeo e gli Stati Uniti. Una emigrazione che rinnova l’antica diaspora: un venerando patrimonio religioso e culturale, sintetizzato soprattutto dal chassidismo, viene per sempre di sperso, mentre i superstiti devono subire la contaminazione della civiltà tecnologica occidentale, edonistica e atea. Dopo i saggi di Ebrei erranti (Juden auf Wanderschaft, 1927) è un romanzo ca rico di biblica angoscia, Giobbe (Hiob, 1930).
Indagando la causa storica della dispersione dell’ebraismo mitteleuropeo, Roth adombra la “finis Austriae” nel romanzo- capolavoro La marcia di Radetzky (Radetzkymarsch, 1932). E’ la storia della famiglia Trotta, di stirpe slovena e contadina, che acquista lustro sui campi di battaglia di Solferino (1859) quando il luogotenente di fanteria Joseph Trotta salva la vita al giovane imperatore Francesco Giuseppe e ne riceve in ricompensa il titolo di nobiltà. “L’eroe di Solferino” è ricordato in tutti i libri di testo dell’impero e trasmette agli eredi il compito di salvaguardare tale eroismo con l’assoluta devozione e il perfetto decoro di fedeli sudditi della monarchia. Al tramonto del mondo asburgico e della sua irripetibile dimensione psicologica e ideologica, dedicò anche La Cripta dei Cappuccini (Die Kapuzinergruft, 1938) e La milleduesima notte (Die Geschichte der 1002.Nacht, 1938) breve romanzo in cui “il mondo di ieri” è contemplato con occhio disincantato e limpido, nell’ebbrezza di un distacco che incrina appena il cristallo del- la memoria: Vienna con gli ufficiali e le ragazze innamorate è ormai per sempre solo una fiaba sottratta alla consunzione e alla morte. Il breve amaro racconto “La leggenda del santo bevitore” può essere considerato un patetico presentimento della fine dello scrittore.

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