Marija Kukaina: “Di notte sentivo pianti, lamenti e spari”.
CRNI VRH (Slovenia) – Marija Kukania aveva dieci anni nel 1945. Adesso abita con il marito architetto vicino a Nova Gorica, ma non ha dimenticato.
La casa dei suoi è sul limitare del bosco, a poche decine di metri da quell’avvallamento che inghiottiva le persone:
“Mi svegliava la luce dei fari dei camion. La prima notte ho sentito 36 spari, la seconda 38. Attutiti appena dalla distanza ci arrivavano flebili pianti, lamenti e gemiti. Mio padre era a Mathausen. Quando tornò andammo a vedere che cosa era successo. Trovò un orologio tutto schiacciato e un frammento di mandibola. Si sedette e si mise a piangere, a piangere. Nella foiba sono finite di sicuro più di cinquanta persone. Ho capito la tragedia solo quando ho origliato per caso un dialogo fra mamma e papà”.
Maria era nella folla degli oltre cinquecento sloveni che hanno depositato decine di lumini e che hanno assistito alla solenne benedizione delle vittime il 25 ottobre. Anka Puzenel, 51 anni, la donna che si è battuta per dare una sepoltura degna agli scomparsi, la ricorda come “quella donna che ha pianto tutte le sue lacrime”.
Quando le è venuta l’idea del funerale signora?
“Tanti anni fa. I miei genitori mi parlavano sempre dell’accaduto. Se ne discuteva anche a scuola, ma solo fra amici fidatissimi. Era del tutto impensabile affrontare l’argomento in pubblico. C’è gente che ancora non ammette l’accaduto”.
Chi per esempio?
“I borzi, i partigiani, hanno sostenuto che nella foiba non c’è assolutamente nulla. Il presidente della sezione di Idrija dell’Associazione ex partigiani Franz Petric ha scritto al consiglio comunale per tentare di bloccare la nostra iniziativa. Ha sostenuto che avremmo dovuto chiedere la licenza municipale per costruire un monumento e che comunque prima di erigere una stele si sarebbe dovuta accertare l’identità degli scomparsi”.
Che cosa l’ ha spinta a questa battaglia?
“L’umana pietà, non ho parenti scomparsi. Sono consigliere di frazione a Monte Nero, ma la politica non c’entra nulla. Sono solo una cattolica convinta. Il sindaco Samo Beuk mi ha appoggiato. Abbiamo cominciato a lavorare due anni fa. Ho trovato un mucchio di volontari. I falegnami che hanno costruito la staccionata e la croce, i muratori che hanno piantato i supporti di ferro nella roccia, l’architetto che ha disegnato il tutto… pagherò di tasca mia solo i materiali. Abbiamo scelto il 25 perché era l’ultima domenica prima della festa dei morti”.
E’ stata lei a chiamare il vice primo ministro?
“Assolutamente no. E’ venuto di sua iniziativa assieme al ministro della giustizia il giorno dei defunti. Ma il momento più felice della mia vita è stato una settimana prima, quando l’ausiliario Renato Podbersic e il parroco Albert Strancar hanno benedetto la foiba. E’ venuta giù un acqua fitta, uno scroscio, come se il cielo volesse partecipare al pianto… Ho mandato 180 inviti. La mia amica architetto Petric Moravec ci ha fatto stampare sopra questo appello: “Partecipate a un viaggio. Per tutti gli scomparsi il viaggio è durato 53 anni”. Adesso finalmente è finito”.
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