domenica 7 agosto 2011

Per caso nella storia



A volte a scrivere la storia è il caso. Lo sa bene Aimone Canape, classe 1922, la cui vita è segnata da eventi inattesi ed eccezionali che sembrano usciti dalla penna di un fantasioso scrittore. Per una serie di circostanze imprevedibili, lui, di una modesta famiglia di Dongo, aspirante maître d'hotel, pur giovane cameriere a Berlino, vive nell'agiatezza dell'aristocrazia tedesca, conosce personaggi influenti e infaustamente illustri; incontra persino Hitler. Tornato in Italia si arruola, dopo l'armistizio diventa partigiano, viene arrestato e torturato, rischia la fucilazione, si salva ed è uno dei protagonisti della cattura di Mussolini, episodio di cui è l'ultimo testimone. Solo ora, sessantacinque anni dopo, ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti. La testimonianza di Aimone Canape - raccolta da Marcello Foa, che alla sua vita ha dedicato un libro, "Il ragazzo del lago" - arricchisce di dettagli inediti la cronaca delle ultime ore di Mussolini.

Dal suo minuzioso racconto, emergono gli incredibili imprevisti del destino che portarono alla fine del duce e in particolare il ruolo svolto dallo stesso Aimone - peraltro confermato da Wilma Conti, presidente della locale Associazione partigiani e allora giovane staffetta - e dai bambini di Dongo nell'indurre alla resa il comando tedesco. La colonna della Wehrmacht in fuga verso la Germania e in cui si nasconde Mussolini viene fermata all'uscita di Musso, il 27 aprile 1945, da un tronco d'albero: un ostacolo che il comandante tedesco interpreta come il segnale della presenza di partigiani, moltissimi, almeno tremila secondo i suoi calcoli. In realtà le ombre che intravede nei boschi circostanti sono per lo più quelle dei fantocci messi su dai resistenti proprio per confondere il nemico e dei bambini che quella mattina, dopo essersi impossessati degli elmetti degli occupanti in fuga, giocano alla guerra con fucili di legno. Ma tanto basta per far desistere i tedeschi da ogni tentativo di sortita.

È Aimone Canape, infatti, il primo a contattare la colonna della Wehrmacht ferma sulla strada per Dongo. All'inizio viene mandato da solo, per saggiare il terreno, anche perché è l'unico a parlare tedesco. Il giovane si avvicina alla colonna e comincia a trattare. È impaurito - si becca anche una pallottola di striscio sparata da un rabbioso ministro Pavolini, in fuga con altri gerarchi - ma via via sempre più sicuro, come altre volte gli è capitato in circostanze analoghe. E sfrutta ogni incertezza della controparte fino all'accordo: lasceranno quel luogo solo i tedeschi; non gli italiani. E tra questi Mussolini, Claretta Petacci ed ex ministri. Secondo la testimonianza di Canape, che corregge altre ricostruzioni, il duce non finge di essere un soldato tedesco ubriaco, anche se indossa un cappotto della Wehrmacht; è invece nascosto su un autocarro, carponi, con un soldato tedesco seduto su di lui e un soprabito per coprirlo. Viene scoperto perché, proprio mentre Aimone ispeziona il mezzo alla ricerca di italiani, gli cade l'elmetto. Nelle concitate ore successive, il giovane partigiano - che non cova odio o vendetta - riesce a salvare le mogli di Marcello Petacci, ucciso durante un tentativo di fuga, e del ministro repubblichino della Cultura popolare Fernando Mezzasoma, fucilato sulla piazza di Dongo.

Ma prima di trovarsi tra i protagonisti dei fatti che hanno cambiato la storia d'Italia, Aimone - terzo di cinque maschi, di bell'aspetto e di elegante portamento - vive esperienze incredibili. Nel 1938, sedicenne apprendista cameriere, sostituisce per caso il figlio di un famoso albergatore di Como e si trova così a svolgere, in sua vece, uno stage in Germania, ospite in Turingia della famiglia Hannover. Qui, nel castello albergo di Oherhof, frequentato dall'alta aristocrazia tedesca, accadde un episodio che trasformerà la sua esistenza. La duchessa Elli Steinlich rimane shoccata dalla fisionomia di Aimone, che somiglia in maniera sorprendente a quella del suo unico figlio, morto ragazzo in un incidente. La donna, vedendo in quel giovane un'insperata possibilità di consolazione, gli si affeziona. Lo invita a Berlino, in casa sua, e qui uno spaesato Aimone, chiamato a vivere un sogno, scopre il lusso e la raffinatezza dell'aristocrazia, tra lezioni private di tedesco e di tennis, tra autisti e boutique. Senza tuttavia rinunciare alla sua personale aspirazione. E per questo, nonostante l'agiatezza, ottiene di poter continuare a lavorare come cameriere.

Grazie ai buoni uffici della duchessa, il giovane viene assunto al Kaiserhof, il più esclusivo hotel di Berlino, a due passi dalla Cancelleria del Reich. Una notte del 1940, durante il primo, inatteso bombardamento inglese sulla capitale, corre verso il rifugio sotto l'albergo, ma, nel panico del momento, svolta dalla parte sbagliata del tunnel e prende quella che porta al primo bunker di Hitler. Corre un grave pericolo quando si trova di fronte alla guardie del corpo del dittatore, ma la buona sorte ancora una volta lo aiuta e il giovane immigrato italiano si ritrova, incredulo, a conversare con un Führer inaspettatamente affabile e che qualche giorno dopo gli fa recapitare un libro con dedica.

"Non ho mai capito se recitava - racconta Canape a Foa - o se questo sdoppiamento della personalità fosse davvero un fatto così naturale. Se penso alle atrocità che ha commesso e al dolore che ha provocato a milioni di persone, rabbrividisco. L'Olocausto, sei milioni di morti, le torture delle ss, il martirio di Berlino, l'occupazione dei Paesi stranieri. Ma nonostante sappia di cosa sia stato capace, serbo il ricordo di una persona piacevole".

La memoria di Aimone Canape è nitida, malgrado il tempo trascorso. Il suo racconto non è mai banale e, grazie all'insistenza del giornalista che lo incalza a svelare anche particolari che sembrano insignificanti, la sua vita emerge in tutta la sua straordinarietà. La sua, scrive Foa, "è una testimonianza molto interessante sulle abitudini di vita delle élite aristocratiche e sui loro rapporti con Adolf Hitler". Attraverso l'amicizia di Elli, che vive in un palazzo di oltre cento stanze e frequenta persino il Führer, il giovane conoscerà alcuni tra i personaggi più in vista del tempo, fra cui il generale Kesserling, che qualche anno dopo lo salverà dalla deportazione e forse dalla morte. Una delusione d'amore, una delle tante della sua vita, e l'incalzare della guerra lo spingeranno a lasciare la Germania alla fine del 1940. Rientrato in Italia, viene arruolato e spedito nei Balcani (un suo fratello era morto sulla corazzata "Giulio Cesare"). Ma la mamma Evelina non vuole piangere un altro figlio e con tenacia riesce a ottenere un trasferimento; l'esperienza al fronte dura così pochi giorni, sostituita da una più comoda leva a Milano. Dopo l'8 settembre 1943 Aimone si nasconde nella casa dei genitori a Dongo e decide di schierarsi con i partigiani. Arrestato più volte, scampa alla fucilazione e alla deportazione in Germania anche grazie alla sua conoscenza del tedesco, ma non riesce a sottrarsi alle torture e allo strazio di assistere all'assassinio di alcuni compagni.

In seguito, dopo i fatti del 27 aprile 1945, Aimone si ritira nell'ombra. Non gli interessa gli vengano riconosciuti meriti. "Dopo la caduta del fascismo - racconta - avrei potuto far valere le mie benemerenze di resistente, ma non l'ho fatto. Volevo una vita normale e ho scelto l'anonimato, anche correndo il rischio che il mio ruolo venisse eclissato". E così è stato. Una normalità che comunque lo porterà a coronare il sogno della sua vita, l'avverarsi dell'auspicio di uno zio d'America da cui aveva avuto inizio l'avventura: possedere e gestire un albergo.

I resti della sua eccezionale vita sono conservati in un cassetto pieno di foto, di biglietti di viaggio e di ritagli. ""Ma sei sicuro che la mia storia interesserà?". Rimango sorpreso da quella domanda - scrive il giornalista ormai amico - e dal fatto che Aimone non si renda conto di quanto incredibile sia stato il suo destino nei suoi primi ventitré anni". Anni che Foa è riuscito a raccontare in maniera appassionante, come fosse un romanzo, con la sola aggiunta dei necessari riferimenti storici, facendo così rivivere la vicenda di un singolare Forrest Gump italiano, però tutt'altro che stupido, che ha saputo sfruttare al meglio le occasioni portegli da un destino benevolo.

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