sabato 13 agosto 2011

La brutta storia di Árpád Weisz


La storia di Arpad Weisz è di quelle dolci, di quelle vincenti, finchè non si inizia a fare i conti col la follia più abbietta della storia umana, l'olocausto.

Il più grande allenatore del mondo, percorre le tappe della sua vita, tra mille successi e un mare di lacrime, macchiandosi della sola colpa di essere un ungherese di origini ebraiche.

Figlio di due ebrei ungheresi, Weisz fu un giocatore di livello medio-alto: giocò per la propria nazionale anche alle Olimpiadi del 1924 e, come calciatore semi-professionista, tra Ungheria, Cecoslovacchia, Italia e Uruguay.

Dopo gli apprendistati in Sudamerica e all'Alessandria, raggiunse la fama portando al titolo nazionale l'Inter (allora denominata Ambrosiana) nella stagione 1929-30 e il Bologna nei campionati 1935-36 e 1936-37. Nel 1937 con il Bologna vinse a Parigi la Coppa dell'Esposizione - una sorta di Champions League dell'epoca - imponendosi con un secco 4 a 1 ai danni dei maestri inglesi del calcio, il Chelsea. Co-autore di un famosissimo (all'epoca) manuale sul gioco del calcio, all'avanguardia rispetto ai dettami "inglesi" del tempo, allenò anche il Novara e il Bari.

Nel periodo di permanenza all'Ambrosiana (Inter) fu lo scopritore di Meazza, divenne famoso grazie allo scudetto vinto coi nerazzurri nel 1929\30. Ma fu a Bologna che divenne l'allenatore più forte al mondo portando il Bologna a diventare lo squadrone che tremare il mondo fa.

In seguito alle leggi razziali, istituite nel 1938 in Italia, Weisz dovette lasciare prima il lavoro e dopo il paese, riparando insieme alla moglie Elena (nata Ilona Rechnitzer, pure lei ebrea ungherese) e ai figli Roberto e Clara a Parigi.

Dopo pochi mesi, la famiglia Weisz si trasferì nel piccolo paese olandese di Dordrecht, nei Paesi Bassi, dove Arpad allenò con risultati eccezionali la piccola squadra locale del DFC, oggi FC Dordrecht. In seguito all'occupazione tedesca dei Paesi Bassi, i Weisz vennero dapprima rinchiusi in campi di lavoro e, successivamente, deportati nei campi di sterminio di Auschwitz, dove trovarono la morte.

Questa è la triste storia di un mitico personaggio del calcio, un uomo buono, competente e preparato, che aveva la sola colpa di essere ebreo.

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