Lui era tornato. Ed ha avuto una vita molto più lunga e felice di chi avrebbe voluto ucciderlo. 'Ho sconfitto Hitler', così aveva intitolato un libro sulla sua incredibile esistenza. Sessantasette anni dopo il viaggio verso Auschwitz, Rubino Romeo Salmonì è morto nella sua Roma, a 91 anni (9 Luglio 2011). Era uno degli ultimi superstiti della comunità ebraica sconvolta dal rastrellamento nazista durante la Seconda guerra mondiale.
Sfuggito alle Ss il 16 ottobre del '43 nella razzia del Ghetto, era stato catturato dalla polizia fascista sei mesi dopo. Via Tasso - la camera di tortura per gli oppositori e i resistenti -, il carcere di Regina Coeli, quindi il lager. Non morì Salmonì e tornò a casa nel 1945. A Roma ritrovò i genitori, ma non i fratelli Angelo e Davide, uccisi dai nazisti. Due dei suoi sei fratelli, tutti maschi (lui era il quinto).
«Il lungo viaggio verso la morte», come lo avrebbe chiamato, era finito e Romeo c'era ancora. Ha avuto il tempo di sposarsi con Mirella, di festeggiare i 60 anni di matrimonio, di crescere i figli e una miriade di nipoti. La sua esperienza Salmonì l'ha raccontata nelle scuole, ai convegni, nelle Giornate della Memoria. L'infanzia e l'adolescenza nel Ghetto, «dove c'era tanta povertà, ma anche tanta fratellanza», come raccontava in un'intervista video nel 1998. Le notti nello stesso letto con tutti i fratelli, a 18 anni il lavoro da «sfasciacarrozze», il clima che cambia con le leggi razziali, proprio in quel 1938, «l'antisemitismo diventa strisciante». E poi la vita-non-vita del lager, il contatto continuo con la morte, la propria a un passo e quella degli altri di fronte. Le canzoni barattate con il cibo, i versi scritti per gli zingari, il freddo, la fame, le violenze, oltre ogni limite. Infine, incredibile, il ritorno. Tutto quello insomma che si è visto anche nel film di Benigni, 'La Vita è bella'.
«Testimone coraggioso sopravvissuto ad una delle pagine più tragiche e infami della storia del nostro Paese e dell'umanità intera», ha definito Salmonì il presidente del Senato Renato Schifani. Per il presidente della Camera Gianfranco Fini «Salmonì ha dedicato tutta la sua vita a mantenere vivo il ricordo, nella consapevolezza che soltanto la memoria può rappresentare un efficace e potente antidoto capace di impedire il ritorno dei mostri del passato».
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