lunedì 15 agosto 2011

Leo Szilard


Senza Leo Szilard forse ancor oggi non sapremmo cosa sono la reazione a catena degli atomi, la pila atomica, il ciclotrone, il microscopio elettronico. Né ci sarebbe la linea telefonica diretta tra Casa Bianca e Cremlino. Eppure non sono in molti a conoscere il nome di questo ebreo ungherese, fuggito dalla Germania all'avvento del nazismo. Né la collaborazione con Fermi, né quella con Teller, e neppure quella con Einstein gli hanno aperto le porte della notorietà. Davvero curioso. Ma non difficile da spiegare. Convinto che se il Terzo Reich fosse riuscito a utilizzare per primo l'energia nucleare a scopi bellici sarebbe stato un disastro per l'umanità, dedica tutte le sue energie alla costruzione della bomba atomica, divenendone uno dei padri. Sconfitta la Germania, con altrettanta energia si oppone però all'attacco nucleare su Hiroshima e Nagasaki. Inutilmente. Con una decisione clamorosa abbandona allora lo studio della fisica per dedicarsi alla biologia. Alla biologia, e a una sempre più intensa battaglia civile contro l'uso militare dell'energia nucleare. L'apparato militare e industriale non glielo perdona. Messo all'indice, si tenta persino di farlo arrestare. Lo si obbliga comunque a cedere i suoi brevetti al prezzo di un dollaro, e il suo nome viene praticamente cancellato dai più importanti annuari scientifici. In quegli anni Leo Szilard scopre però una nuova arma: la penna. Nasce così La voce dei delfini e altri racconti, una straordinaria raccolta di storie di fantascienza. Tutte, come Grand Central Terminal, con due protagonisti principali, attuali oggi come ieri: la straordinaria capacità scientifica e tecnica dell'uomo e la sua altrettanto straordinaria limitatezza etica.

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