sabato 13 agosto 2011

Medaglia d'Onore ad Ettore Ponzi


Medaglia d'Onore ad Ettore Ponzi

Uno dei principali luoghi dell'Olocausto nell'Europa occupata dai nazisti è il Judenlager Semlin in Serbia. Creato dalla Germania nazista nel dicembre del 1941 alla periferia di Belgrado, Semlin (conosciuto anche con il suo nome serbo Sajmište) è stato uno dei primi campi di concentramento in Europa, creato appositamente per l'internamento degli ebrei. Tra marzo e maggio 1942, circa 7.000 donne ebree, i bambini e gli anziani (quasi la metà del totale della popolazione ebraica di Serbia, occupata dai nazisti) sono stati sistematicamente assassinati utilizzando un furgone cellulare gas. Semlin è stato poi trasformato in un Anhaltelager, un campo di detenzione temporanea per i prigionieri politici, partigiani catturati e lavoratori forzati, molti dei quali sono stati successivamente trasportati in vari campi di lavoro in Germania. Tra il maggio 1942 e luglio 1944, 32.000 detenuti (soprattutto i serbi), sono passati attraverso il campo, di cui 10.600 sono stati uccisi o morirono di fame o di malattia. Semlin è stato il più grande campo di concentramento nazista in Serbia occupata. Nonostante la sua importanza come luogo della Shoah, la Judenlager Semlin non è entrato in modo significativo nella memoria della Shoah degli ebrei nel dopoguerra jugoslavo e quindi serbo. In questo campo Ettore Ponzi arrivò il 7 gennaio del 1944 in condizioni di denutrizione e malattia estreme. Una settimana prima al Elbasan in Albania, dopo quattro mesi passati tra le montagne del corciano, si arrese alle truppe delle formazioni balliste albanesi e consegnato alle truppe tedesche.

Ma sentiamo il suo racconto di questi momenti e del periodo passato a Semlin (Dalle memorie di Ettore Ponzi ):

"Per cento giorni e notti condussi questa vita dannata, senza mai avere pace. Pochissime volte potei spogliarmi e lavarmi: quanti pidocchi, bianchi e rossi sentii per il corpo e a centinaia li vidi negli indumenti e quanto fastidio mi davano, soprattutto quando volevo dormire. Fu davvero una dannazione peggio della morte. La mente e lo spirito già vagavano nell'oblio, la luce pallida e senza colore e calore; senza profumi i pochi fiori campestri e gli uccelli erano neri corvi, falchi e aquile rapaci. Solo in prigionia e specie nell'ospedale trovai un po' di pace, di calma e di riposo. Infatti il 31 dicembre 1943, stanchi, affamati, sfiniti e ammalati discendiamo a Elbasan, dai tedeschi. Sono le sei del mattino quando cominciamo a scendere dalle montagne; già siamo sotto le pinete e i faggeti quando l'aria si fa più tiepida e il terreno più fino; la strada si fa di un bel verde. Giunti in città, accompagnati dai nazionalisti ci buttiamo nei primi negozi per chiedere un po' di pane che subito divoriamo. Pane che non mangiavamo da tre mesi e mezzo. Dopo averci portato al comando dei lealisti ci conducono a quello tedesco ove siamo subito interrogati e chiusi in un vecchio carcere. Il 7 gennaio del 44, con nostro grande sollievo, ci fanno salire su automezzi per lasciare finalmente, e forse per sempre, quella maledetta canaglia di briganti, inospitali e vili. La notte arriviamo a Bitoli, fredda e con molta neve; dopo tre giorni partiamo anche dalla Bulgaria su carri bestiame per raggiungere Belgrado.

I servizi igienici: un unico mastello. Per dissetarmi cercavo di prendere una manciata di neve, nera, dal tetto del vagone. Dopo non so quanti giorni arrivammo a Belgrado ove ci internarono nel campo di concentramento di Semlin. Dopo pochi giorni, nel mese di gennaio mi ammalai gravemente. Mi portarono insieme ad altri due ufficiali di grado interiore in una specie di ospedale militare tedesco con medici e infermieri italiani. Dopo due o tre giorni gli altri due, un capitano e un tenente furono portati via in una specie di camera mortuaria. Il giorno dopo. senza dirmi nulla (forse in quel momento non capivo niente) mi portarono nel piano interrato ove si trovavano gli altri. Qui venni chiuso in un sacco e dato per morto. Mi raccontarono poi che fu un medico tedesco a vedere che quel sacco ancora si muoveva: fui riportato in ospedale e curato. Dovrei aggiungere un episodio capitato ai due infermieri che mi avevano portato in quella camera mortuaria: ho potuto assistere ad una giusta doverosa ed energica lezione data ai due da un tedesco e da un capitano medico italiano. Vi rimango fino al 16 marzo con pleurite, angina, otite ecc ... Successivamente venni imbarcato su una bellissima nave ospedale della Croce Rossa sul Danubio e portato fino a Vienna."

1 commento: