martedì 23 agosto 2011

Intensificazione del conflitto


Con la sconfitta della Germania, sancita nel maggio del 1945, decine di migliaia di ebrei festeggiarono la vittoria per le strade di Tel Aviv, convinti che la vittoria nei confronti di Hitler avrebbe comportato la creazione dello Stato ebraico.

Tra i sopravvissuti della Shoah, circa 100 mila persone sognavano di andare a vivere in Palestina. In particolare in Polonia e nella Russia occidentale, le comunità erano state scacciate e la popolazione locale si era impadronita delle case, dei negozi e delle proprietà degli ebrei, dunque non era disposta ad accoglierli nuovamente. Più di 1000 ebrei di ritorno nelle loro case in Polonia dopo la sconfitta nazista furono assassinati dai loro ex vicini.

Quando le elezioni in Inghilterra del 26 luglio 1945 costrinsero Churchill ad essere sostituito nel ruolo di Primo Ministro da Clement Attlee, il nuovo ministro degli Esteri Ernest Bevin insistette affinché fossero mantenute le restrizioni all’immigrazione ebraica dell’anteguerra. Gli ebrei continuarono a giungere illegalmente in Palestina per anni, spesso ammassati su mezzi di fortuna: quelli che venivano intercettati erano condotti a Cipro dove i profughi venivano rinchiusi in campi di detenzione. Una nave dell’Haganah, la Exodus, proveniente dalla Germania con a bordo oltre 4000 migranti “illegali” sopravvissuti alla Shoah, fu costretta dagli inglesi a ripercorrere l’intero viaggio a ritroso: in seguito a ciò l’ex segretario del Tesoro americano, Henry Morgenthau Jr, invocò l’intervento del presidente degli Stati Uniti Harry Truman. Questi rifiutò di intervenire e i rifugiati furono rimandati in Germania a bordo di tre navi, ed internati in un campo di detenzione inglese vicino Amburgo.

Il conflitto tra ebrei palestinesi e le autorità del Mandato britannico si intensificò notevolmente durante il 1946. Il 16 giugno il Palmach, la forza speciale dell’Haganah, fece saltare in aria dieci strade e ponti ferroviari. Dodici giorni più tardi gli inglesi occuparono l’edificio dell’Agenzia Ebraica arrestando 3000 attivisti sionisti, tra i quali Yitzhak Rabin, che all’epoca era un giovane ufficiale del Palmach. Il giorno successivo le truppe inglesi sequestrò un arsenale di armi nel Kibbutz Yagur, nei pressi di Haifa.

Il 22 luglio l’Irgun, guidato da Menachem Begin, fece esplodere un’ala dell’hotel King David di Gerusalemme, quartier generale dell’esercito britannico. Cinque piani e 25 camere sprofondarono causando la morte di 91 persone, tra cui anche molti ebrei ed arabi che lavoravano nell’edificio.



Il 6 ottobre del 1946, nonostante tutto, l’Agenzia Ebraica riuscì a far costruire ben 11 Kibbutzim in una sola notte. Fu scelta la notte più sacra del calendario ebraico, quella che corrispondeva al giorno di espiazione (Kippur). Tra i fondatori vi erano ebrei provenienti da Bulgaria, Sud Africa e America Latina.


L’Agenzia Ebraica continuò a pretendere il riconoscimento da parte degli inglesi di uno Stato ebraico nelle aree con ampia densità di città e villaggi popolati da ebrei. Gli attacchi dell’Irgun continuavano anche se questi erano denunciati e quindi non riconosciuti dalla stessa Agenzia Ebraica. Il 15 febbraio del 1947 il governo inglese, preso atto di aver perso definitivamente il controllo della Palestina (e avendo anche deciso di arrendersi in India, altro paese dell’Impero britannico che combatteva per l’indipendenza) annunciò di rimettere il proprio mandato sulla regione nelle mani dell’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che dopo il 1945 aveva preso il posto della Società delle Nazioni.

Un Comitato Speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina (UNSCOP, da “United Nations Special Committee on Palestine”) visitò i sopravvissuti della Shoah nei campi profughi sparsi in Europa e il 1 settembre del 1947 raccomandò alle Nazioni Unite – come aveva già fatto la Commissione Peel dieci anni prima – il riconoscimento di due Stati sovrani separati, uno ebraico e l’altro arabo, con Gerusalemme e i suoi dintorni, inclusa Betlemme, che sarebbero dovute restare sotto il controllo dell’ONU.

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