lunedì 10 ottobre 2011

In miseria lo svizzero che salvò il tesoro degli ebrei


Ha il sapore amaro di una favola triste la vicenda di Christoph Meili, il guardiano notturno dell’Ubs di Zurigo celebrato in tutto il mondo per avere, 12 anni fa, reso pubblico il grande scandalo dei fondi ebraici dormienti nelle banche svizzere. Dopo essere stato accolto dagli Stati Uniti come un eroe, ora si ritrova a dover tornare in patria, quella Confederazione elvetica che lo ha incriminato per violazione del segreto bancario e che ha dovuto sborsare 1,25 miliardi dollari per rimborsare le associazioni ebraiche.

Colpa della crisi economica, che lo ha costretto negli ultimi tempi a vivere quasi come un barbone, senza casa, con un magro stipendio di portiere di notte, pagato 13 dollari, meno di 10 euro, all’ora. Una situazione precaria che lo ha obbligato a dormire in una misera stanza, in una cittadina della California del Sud. «In America non c’è un servizio sociale come in Svizzera», ha detto sconsolato Meili al settimanale di Zurigo “SonntagsBlick”.

DISPERATO
«Ho perso tutto, famiglia, amici, patria. Non rifarei più quello che ho fatto, il prezzo da pagare è troppo alto» aveva confidato nel 2003 in un'intervista alla Radio Svizzera Italiana. A far definitivamente pendere l’ago della bilancia verso la scelta di ritornare a Zurigo è stata l'impossibilità di far fronte ad una spesa ospedaliera di 800 dollari.
La storia di questo 41enne svizzero tedesco ha dell’incredibile. Da quando, quell’8 gennaio 1997, decise di portarsi a casa i faldoni, nascosti dall’Union Bancaire Suisse, con i dati dei conti dormienti degli ebrei vittime dell’olocausto nazista di cui non si erano rintracciati i parenti, la sua vita cambiò radicalmente.
Meili era venuto a sapere che i dirigenti dell’istituito di credito avevano deciso di distruggere quei dati, per incassare i soldi dei conti correnti, in violazione alla legge confederale. Pensò quindi di consegnare la documentazione a un’associazione ebraica, che a sua volta li inoltrò alla polizia.
Lo scandalo emerse sui giornali il 14 gennaio e fece il giro del mondo. Le autorità svizzere aprirono un’inchiesta su Meili, accusandolo di aver violato il segreto bancario, un reato punito severamente dalla Confederazione. A questo punto il controverso difensore della causa ebraica, Ed Fagan (finito nelle grane per aver rubato soldi ai sopravvissuti dell’olocausto), convinse Meili a cercare rifugio negli Stati Uniti, per evitare l’arresto. E così fu: accolto con tutti gli onori dalle autorità statunitensi, a Meili venne concesso l’asilo politico, l’unico svizzero nella storia degli Usa ad ottenere questo privilegio.
Ben presto però, il portiere notturno di Zurigo si accorse di essere stato strumentalizzato dalle associazioni israelitiche. Il Congresso ebraico mondiale dapprima si dichiarò disposto a ricompensare Christoph per «il suo gesto altruista e coraggioso». Secondo fonti anonime, Meili avrebbe dovuto ricevere fino a un milione di dollari, ottenuti dall´accordo globale stipulato tra le banche svizzere e la controparte ebraica in merito alla questione dei fondi in giacenza. Ma in seguito Meili dichiarò di essere stato del tutto “abbandonato” da queste organizzazioni.

IL DECLINO
Dopo una serie di cause legali intentate nei confronti delle banche svizzere (per il settimanale “Facts” ottenne comunque un risarcimento di 750 mila dollari), una laurea in scienze delle comunicazioni e una serie di lavori e lavoretti nel settore della sicurezza, nel 2005 ottenne la cittadinanza statunitense. Ma il sistema americano, senza ombrelli sociali e spietatamente concorrenziale, ha messo in difficoltà Meili. Così ora si trova costretto a tornare in una patria che certo non lo ama.

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