Il dittatore croato Ante Pavelić si inginocchia davanti a Pacelli
Ante Pavelić (1889-1959)
La Croazia di Ante Pavelić, il dittatore fascista ustaša, contava ben ventisei campi di concentramento (alcuni dei quali destinati esclusivamente ai bambini). Il numero esatto di coloro che vi trovarono la morte resterà per sempre sconosciuto; le fonti più attendibili parlano di 820.000 morti, tra i quali 40.000 dei 41.500 ebrei del paese, e 28.000 dei 28.500 zingari. Il regime di Pavelić fu uno dei più sanguinari di quel sanguinario periodo, e Xavier de Montclos lo definisce a giusta ragione "totalitarismo cattolico". Il fatto è che il regime di Pavelić (assai amico di papa Pio XII) viene apertamente sostenuto dalla chiesa cattolica, ad un punto tale che lo stesso Montclos parla di "ustašismo clericale" a proposito del clero regolare.
Tra i campi di concentramento croati, particolarmente terrificante fu quello di Jasenovac (si pronuncia iasènovazz e significa, con tragica ironia, "campo delle ceneri"); solo in questo campo periranno circa 700.000 persone (settecentomila). Il suo comandante, Vjekoslav Maks Luburić, un tagliagole che godeva dell'illimitata fiducia del cattolicissimo dittatore, si dilettava di partecipare in persona alle esecuzioni dei prigionieri. Lo stesso Luburić si professava assai devoto e pio, tanto da meritarsi l'appellativo di "Sorella Morte" per la cristianissima abitudine di far bruciare i condannati nei forni. Ma mentre a Auschwitz, a Treblinka o a Bergen Belsen vi venivano bruciati già morti, Maks Luburić aveva introdotto la caritatevole novità di bruciarceli ancora vivi.
Il card. Alojzije Viktor Stepinac (1898-1960)
Tra i torturatori dei campi croati si distinsero per crudeltà e fascismo dei frati francescani, i quali venivano formati proprio in Italia, a Siena, in un apposito convento per i novizi croati; a poca distanza (a Sinalunga, sempre in provincia di Siena) si trovava il quartier generale degli ustaša croati; ma l'esempio decisivo veniva fornito loro dal famoso, o famigerato, monsignor Alojzije Viktor Stepinac (il cognome si pronuncia stèpinazz, ed il suo nome è più comunemente indicato come "Alois"), arcivescovo di Zagabria poi creato cardinale nel 1953. Stepinac non si accontentava di essere perfettamente ligio al regime di Pavelić, ma lo sosteneva e lo incitava a "fare pulizia" (soprattutto dei serbi ortodossi, degli ebrei e degli zingari). Già nel 1941 questo sant'uomo è ricevuto con benevolenza in udienza privata da Pio XII; ancora nel 1945, pochi mesi prima della caduta dello stato fantoccio di Croazia, invita il suo clero a sostenere la sua "campagnia di cristianizzazione della Grande Croazia" (comprendente la Bosnia-Erzegovina, che era stata annessa), prende le difese del regime di Pavelić e continua a tacere sullo sterminio che accade sotto i suoi occhi (ovvero lo sostiene, neppure tanto velatamente). Si dà il caso che, poi, codesto esempio di fede e ardore cristiano venga arrestato e messo in galera (dal quale viene per altro liberato e spedito nel villaggio natale di Krašić); muore nel 1960.
Naturalmente la chiesa cattolica non perde l'occasione per farne un martire della "chiesa del silenzio" (come già era avvenuto per un altro alto prelato notevolmente fascista, l'ungherese József Mindszenty); la stessa sua nomina a cardinale, nel '53, provoca la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Jugoslavia e il Vaticano. Come tutti sanno, Alois Stepinac è stato proclamato santo da Karol Wojtyła; dimodoché è possibile invocare per qualche intercessione o addirittura attribuire qualche miracolo a Sant'Alois Stepinac, fascista croato e sostenitore di torturatori e tagliagole della peggiore specie.
Per completezza, segnaliamo anche che, dal lato musulmano, la popolazione della Bosnia fornì ai nazisti non una sola ma ben due divisioni di Waffen-SS, per un totale di circa 40.000 volontari. I quali furono paternamente benedetti in nome di Allah, nell'aprile del 1943, da Hadj Amin el-Husseini, gran muftì di Gerusalemme e sostenitore della prima ora del nazismo in chiave antiebraica. In seguito, el-Husseini fuggì addirittura a Berlino mettendosi sotto la protezione diretta del Reich.
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