domenica 10 aprile 2011

L’Olocausto, “Un viaggio” raccontato da chi lo ha vissuto

H.G. Adler è l’autore di un romanzo struggente, dimenticato per decenni



Hans Günther Adler, meglio conosciuto con H.G. Adler, nasce a Praga nel 1910. Studia musica, letteratura e scienze e dopo la laurea alla Charles University lavora come segretario e come insegnante, prima di dedicarsi alla radio. Nel 1941 viene confinato con la famiglia nel ghetto in quanto ebreo e nell'ottobre del 1944 arriva ad Auschwitz con la madre e la moglie. Entrambe le donne il giorno stesso vengono condotte nella camera a gas. Lascia poi il più noto campo di sterminio nazista per raggiungerne un altro, prima di essere liberato il 13 aprile 1945. In seguito a questa terribile esperienza nella quale perde i genitori e altri 16 membri della sua famiglia, si dedica alla ricostruzione delle abitazioni degli ebrei a Praga e lavora anche al museo della sua città. Si trasferisce poi a Londra dove muore nel 1988.

Autore di 26 libri di storia, filosofia e poesia, molto dei quali autobiografici e con tema l’Olocausto, il suo romanzo più famoso è proprio “Un viaggio”.

C'è stato un tempo in cui nelle case si recapitavano notizie di morte. C'è stato un tempo in cui la gente veniva schedata in base alle proprie origini: ad alcuni era consentito vivere, ad altri no. A coloro cui, per il momento, era concesso sopravvivere, era proibito tutto. Non potevano praticare una professione, frequentare una scuola pubblica, impiegarsi in un ruolo al servizio dello Stato, esercitare alcuna influenza in politica, nella scuola o nell'industria. Poi, per tutti, un lungo viaggio. H.G. Adler era fra questi. Il viaggio lo portò fino ad Auschwitz, poi verso altri lager.

In seguito alla liberazione, quando già viveva a Londra, H.G. Adler decise di attribuire a quegli anni grigi una lingua che potesse corrispondere alla quotidianità del terrore. Una lingua in cui ogni segno e accento è un'immagine che trasmette l’angoscia di quegli anni. La vicenda della famiglia Lustig è calata in uno spazio e in un tempo mai direttamente riferiti alla Shoah e in cui, dietro il nome simbolico di Ruhenthal, si cela il ghetto di Theresienstadt.

Accostato alle opere di James Joyce e di Virginia Woolf, “Un viaggio”, definito dall'autore una ballata, è una vera e propria rivelazione letteraria. Un romanzo dimenticato per decenni che rappresenta “non la restituzione, ma la restaurazione della memoria”.

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