domenica 10 aprile 2011

CHI ERA SIMON WIESENTHAL?


Il falsario ebreo Wiesenthal Simon


Mentre manca tutt’ora la prova “fisica” del presunto sterminio di massa commesso dai nazisti, viene dato ampio credito ai “sopravissuti dell’Olocausto” in qualità di testimoni oculari, un credito che tuttavia è malriposto.
Uno dei più famosi sopravissuti della Shoah è ( era) Szymon (Simon) Wiesenthal, ebreo, nato il 31 Dicembre 1908 a Buczacz (ora Buchach, in Ucraina) a quel tempo città della provincia austro-ungarica della Galizia. Il padre era un ricco commerciante all’ingrosso di zucchero.
Wiesenthal dopo essere stato internato nel campo austriaco di Mauthausen, dedicò la sua vita a dare la caccia agli ex nazisti in tutto il mondo.
Da questi prende il nome un’organizzazione internazionale (Centro Wiesenthal) con sede a Los Angeles, mirante a tutelare e a monitorare gli interessi ebraici, nonché a promuovere la propaganda dello sterminio di massa.
Su Wiesenthal c’è un episodio poco conosciuto: nel 1946 fu pubblicato il suo libro di memorie dal titolo “ KZ Mauthausen, Bild und Wort “ (Campo di Concentramento di Mauthausen, foto e racconti) il quale contiene una delle più clamorose falsificazioni di tutti i racconti sull’Olocausto.
Wiesenthal illustrò il suo libro con disegni che si suppone lui fece quando era a Mauthausen o provenienti da ricordi postumi. Uno dei disegni più noti del suo libro rappresenta tre ebrei, nel loro pigiama a strisce, legati ad un palo e fucilati dai nazisti...

Il disegno, in basso a sinistra, porta la sua firma.

Sebbene Wiesenthal descrivesse l’episodio come avvenuto a Mauthausen, in verità non fece altro che scopiazzare una serie di foto apparse sulla rivista americana LIFE del Giugno 1945.
Le fotografie illustravano soldati tedeschi catturati durante la Battaglia delle Ardenne, travestiti da soldati americani e fucilati da un plotone di esecuzione americano.
Wiesenthal copiò il suo disegno dei “ tre ebrei fucilati “ da una stampa fotografica di LIFE che mostrava invece tre tedeschi fucilati dagli americani.

Una vera e propria impostura!


Sopra il disegno( firmato!) del falsario Wisenthal Simon




Sopra le foto originali dei soldati tedeschi fucilati

A parte questo “dettaglio”, non è ben chiaro, a tutt’oggi, cosa fece Wiesenthal durante gli anni dell’occupazione tedesca.
Ad esempio: egli diede tre versioni diverse in tre occasioni altrettanto diverse circa la sua professione durante il tempo di guerra.
PRIMA VERSIONE
Interrogazione sotto giuramento il 27 e 28 Maggio 1948, durante una sessione inquisitoria, condotta da Curt Ponger , ufficiale americano della Commissione Crimini di Guerra di Norimberga, Interrogazione N° 2820, pratica presso il National Archives di Washington, DC, “Atti degli Interrogatori nei Processi per Crimi di Guerra di Norimberga 1946-1949”, Gruppo Atti 238, microfilm M-1019, rullino 79, sequenze 460-469 e 470-476.Wiesenthal dichiarò che fra il 1939 e il 1941 era un ingegnere-capo sovietico che lavorò a Leopoli e a Odessa.
SECONDA VERSIONE
Nel gennaio 1949, nell’ambito di una “richiesta di assistenza” del Comitato Internazionale dei Rifugiati in Austria, disse che dal Dicembre 1939 all’Aprile 1940 lavorò come architetto nel porto di Odessa sul Mar Nero.
TERZA VERSIONE
Nella sua autobiografia “ The Murderers Among Us “ (Gli assassini fra di noi ), edito da Joseph Wechsberg (New York: McGraw Hill, 1967) a pagina 27 disse che tra la metà del Settembre 1939 al Giugno 1941 lavorò nella città di Leopoli (allora sovietica) come meccanico in una fabbrica di molle per letti.

Dopo che le truppe tedesche presero il controllo della Galizia, nel Giugno 1941, Wiesenthal fu internato nel campo di Janowska (vicino a Leopoli), dal quale fu trasferito alcuni mesi dopo per andare in un campo per addetti ai lavori di riparazione della Ostbahn (Ferrovia dell’Est) nella Polonia occupata dai tedeschi.
Nella sua autobiografia Wiesenthal affermò di aver lavorato come tecnico, che era trattato bene e che il suo superiore, che era “segretamente anti-nazista” gli permise perfino di possedere due pistole!
Wiesenthal aveva il suo ufficio in una “piccola casetta di legno”, godeva di “una relativa libertà e gli era concesso di passeggiare in tutti i cantieri”.
Il periodo più oscuro di Wiesenthal fu quello dall’Ottobre 1943 al Giugno 1944.
Durante l’interrogatorio, sotto giuramento, nel 1948, egli affermò che si unì ad un gruppo partigiano, dal 6 Ottobre 1943 fino al Febbraio del 1944. Egli disse di aver portato i gradi di tenente e quelli di maggiore e che era responsabile per la costruzione di bunker e linee di fortificazione.
Sebbene non lo abbia esplicitamente confermato, avrebbe dato da intendere che il (presunto) gruppo partigiano fosse la ARMIA LUDOWA (Armata Popolare), forza armata comunista polacca, creata e controllata dai sovietici.
Il 13 Giugno 1944 la sua unità viene catturata dalla polizia militare tedesca (e sebbene i partigiani ebrei trovati nascosti venivano spesso passati per le armi, egli fu, in qualche modo risparmiato).

Disse di essere fuggito dalla prigionia agli inizi di Ottobre 1943 e che poi “ combattè contro i tedeschi come partigiano nella foresta “ per diversi mesi, fino al Marzo 1944, dopodiché si nascose a Leopoli fino al Giugno del 1944.
Nella sua autobiografia del 1967 Wiesenthal raccontò tutta un’altra storia.
Afferma che, dopo essere fuggito dal cantiere ferroviario della Ostbahn il 2 Ottobre 1943, visse nascondendosi in varie case di amici fino al 13 Giugno 1944, quando fu scoperto dalla polizia tedesca e polacca e rimandato in un campo di concentramento. Non fa alcun riferimento alla benché minima appartenenza a gruppi partigiani.
Tuttavia, sia nell’interrogatorio del 1948 che nell’autobiografia del 1967, una cosa combacia, cioè il suo tentato suicidio il 15 Giugno 1944 tagliandosi i polsi.
Incredibilmente fu salvato dalla morte dai medici delle SS tedesche e ricoverato in un ospedale delle SS.
Rimase al campo di concentramento di Leopoli “con doppia razione di cibo” per qualche tempo e poi, sempre secondo la sua autobiografia, fu trasferito in vari campi di lavoro. Fu liberato a Mauthausen (vicino a Linz in Austria) dalle forze americane il 5 Maggio 1945.
Insomma, Wiesenthal si è forse inventato un passato da eroico partigiano?
Oppure ha tentato in seguito di eludere il suo passato da combattente comunista?
Oppure la verità è ancora diversa e, forse, troppo vergognosa da raccontarla?
Il 10 Novembre 1975, l’allora cancelliere federale austriaco, il socialista Bruno Kreisky (di lontane origini ebraiche), in un intervista rilasciata a giornalisti stranieri, pubblicata dalla rivista PROFIL
N° 47 del 18 Novembre 1975 a pag 16, 22 e 23, accusò Wiesenthal di usare “metodi mafiosi”, rifiutò la sua pretesa “autorità morale” ed asserì che fosse un agente dei nazisti.

Qui di seguito sono riportate alcune sue dichiarazioni:
“ conosco il Sig. Wiesenthal solo dai rapporti segreti e non sono per niente buoni.
Dico questo in qualità di Cancelliere Federale.
E dico anche che Wiesenthal aveva un rapporto con la Gestapo diverso dal mio.
Ciò può essere provato.
Qualsiasi altra cosa io possa dire in proposito, la dirò solo davanti ad una corte di tribunale.
Il mio rapporto con la Gestapo è incontestabile. Fui loro prigioniero e da loro fui interrogato.
I suoi rapporti erano diversi.
Questo è quello che dico e che un giorno si saprà.
Ciò che ho detto è già abbastanza negativo.
Ma egli non può discolparsi accusando me di diffamare il suo onore a mezzo stampa, come vorrebbe che facessi. Non è così semplice in quanto ciò comporterebbe un eclatante caso legale.
Un uomo come quello non ha il diritto di pretendere di elevarsi ad autorità morale.
Questo è quanto sostengo.
Affermo che il Sig. Wiesenthal ha vissuto a quel tempo nella sfera di influenza nazista senza essere perseguitato.
Ci siamo?
Ed ha vissuto liberamente senza problemi.
E’ chiaro?
E voi forse tutti sapete che, all’epoca, non si potevano correre rischi.
Non era un “sottomarino” che si immergeva e riemergeva di tanto in tanto, non ne aveva bisogno.
Penso di aver detto abbastanza.
Non aveva bisogno di essere un agente diretto della Gestapo. Vi erano molti altri incarichi! “
Wiesenthal fece circolare una delle più truculente storie olocaustiche: l’accusa ai tedeschi di aver fabbricato sapone con i corpi degli ebrei uccisi.

Egli raccontò che la sigla riportata all’esterno dei pani di sapone “ RIF “, stesse ad indicare “Rein Judisches Fett” (vero grasso ebraico). In realtà la sigla stava per: Reichsstelle fuer Industrielle Fettversorgung (Centro Nazionale Approvvigionamento Grassi Industriali).


Sapone d'ebreo conservato a Gerusalemme (foto scattata nel 1972)


La storia del sapone, così come quella dei paralumi fatti con pelle di ebrei (in verità era pelle di capra) e delle teste mummificate di ebrei (in verità provenienti da un museo antropologico tedesco in Sud America e che portavano ancora il numero di inventario), oggi non fanno più parte degli strumenti accusatori nei confronti del nazionalsocialismo. Gli storici ufficiali “di regime” e lo stesso mondo ebraico hanno da tempo smentito ogni accusa basata su queste “prove”, ritenendole a tutti gli effetti false.
La fervida immaginazione di Wiesenthal non si limita solo alla storia del 20° Secolo. Nel suo libro del 1973 “ Sails of Hope “ (le vele della speranza), sostenne che Cristoforo Colombo era segretamente un ebreo e che nel suo famoso viaggio verso le Indie del 1492 era alla ricerca di una nuova patria per gli ebrei europei.
Uno dei casi più eclatanti di Wiesenthal fu quando, in una lettera del 10 Dicembre 1974, accusò un residente di Chicago, Frank Walus, di aver consegnato ebrei alla Gestapo durante la guerra.
Sette anni dopo, Frank Walus, riuscì a dimostrare, dopo un’estenuante lotta legale, che colui che fu accusato di essere “ il macellaio di Kielce “ non era mai stato in Polonia ma trascorse gli anni della guerra come tranquillo agricoltore in Germania.
Fu prosciolto da ogni accusa.

Il Washington Post del 10 Maggio 1981, a pag. B5 e B8 scriveva:
“ nel gennaio 1977 il governo americano accusò un cittadino di Chicago, con il nome di Frank Walus, di aver commesso atrocità in Polonia durante l’ultima guerra. Negli anni seguenti, questo operaio in pensione finì nei debiti per un prestito di 60.000 Dollari necessari alla propria difesa.
Se ne stava seduto in un aula di tribunale mentre 11 ebrei, sopravissuti all’occupazione nazista in Polonia, testimoniarono di averlo visto uccidere un’anziana, una giovane donna, dei bambini, un gobbo e altre persone.
Prove schiaccianti evidenziano che Walus non era un criminale di guerra nazista e che durante la Seconda Guerra Mondiale non si trovava nemmeno in Polonia. “
Qualcosa di preciso tuttavia Wiesenthal lo ha detto.
Nell’Aprile 1975 egli affermò a pagina 5 di una lettera inviata al periodico britannico “ Books and Bookmen “ che “ non c’erano campi di sterminio sul suolo tedesco “.
Egli ha quindi semplicemente affermato che quanto sostenuto dal Tribunale di Norimberga circa i campi di sterminio di Buchenwald, Dachau ecc., non era vero.
Più tardi, in modo menzognero, egli smentì tale affermazione in una lettera del 12 Maggio 1986 indirizzata a Prod. John Gorge della Central State University di Edmond in Oklahoma, asserendo: “ non ho mai detto che non c’erano campi di sterminio in territorio tedesco. Questa notizia è falsa. Non avrei mai potuto dire una cosa simile! “

Del resto, lo stesso Dr. Martin Broszat, il 19 Agosto 1960, nel settimanale di Amburgo DIE ZEIT, col titolo “ keine Vergasung in Dachau “ (nessuna gassazione a Dachau), pubblicato anche nella versione americana del 26 Agosto 1960 (pag. 14), ebbe a dire:
“ né a Dachau, né a Bergen-Belsen, né a Buchenwald furono gassati ebrei o altri prigionieri. La camera a gas di Dachau non fu mai completata e nemmeno “attivata”. Centinaia di migliaia di prigionieri che perirono a Dachau e in altri campi del Vecchio Reich (cioè nella Germania con i confini del 1937) furono vittime di catastrofiche condizioni igieniche e mancanza di approvvigionamenti, secondo le statistiche ufficiali delle SS durante i 12 mesi che vanno dal Luglio 1942 al Giugno 1943 “
Il Dr. Martin Broszat scriveva a nome del prestigioso Istituto di Storia Contemporanea. E’ stato anche direttore del Centro Ricerche e Archivio, con sede a Monaco e finanziato dai contribuenti tedeschi.

Tuttavia Wiesenthal non era il solo “testimone” di avvenimenti fantasiosi e si trovava in buona compagnia.

Citandone uno (per mancanza di tempo e spazio), si può parlare di Rudolf Vrba, “testimone oculare”, il quale nel 1985 era assistente alla Canadian University della British Columbia.
La sua testimonianza è stata la base di tutte, o quasi, le descrizioni delle camere a gas di Auschwitz, essendo egli stato internato in questo campo.
Tuttavia, nel 1985, in occasione di un processo al revisionista tedesco-canadese Ernst Zuendel, a Toronto, Vrba testimoniò che il suo libro “ I CANNOT FORGIVE “ (non posso perdonare), contenente tutti i suoi racconti da testimone oculare, altro non era che una “ descrizione artistica “ e che lui stesso non era mai stato testimone di nessuna gassazione.

Il quotidiano canadese TORONTO STAR, il 24 Gennaio 1985, titolava:
“ il libro era una descrizione artistica. Il sopravissuto non vide mai morti gassati “
Incalzato dalle domande, Vrba ammise di non aver visto mai nessuno venire gassato e che il suo libro su Auschwitz-Birkenau era soltanto una “ descrizione artistica e non un documento per un tribunale “. Vrba disse al processo che le sue descrizioni e i suoi disegni sul crematorio di Auschwitz e delle camere a gas erano basate su “ ciò che sentì che sarebbe potuto essere “.
Disse che i suoi disegni del 1944 sulla configurazione del campo di Auschwitz erano inesatti.
Vrba che scappò dal campo in Polonia nel 1944, insisteva nell’asserire che fino a quel momento vi sarebbero state ad Auschwitz la bellezza di 1.765.000 vittime (con un margine di errore del 10% !).

Da: IHR – INSTITUTE FOR HISTORICAL REVIEW (USA)
Questa è solo la punta di un iceberg. I ricercatori e gli scrittori storici non in sintonia con la storeografia ufficiale straripano di documentazioni originali dell’epoca e prove che letteralmente ribaltano la Storia di quel periodo ed i suoi avvenimenti.
Anziché rimbecillire il popolino dell’italietta serva ed intossicata da veline, Miss Italia, MTV, Celentano , De Filippi e cialtronerie che portano al nichilismo, quando avremo il piacere di vedere un serio dibattito a 360° su media televisivi e della carta stampata che vede le due tesi confrontarsi a tavolino senza timori e senza lo spauracchio di leggi liberticide emesse “ad hoc” che impediscono di dibattere in modo critico, e con prove alla mano, sul Dogma olocaustico del XX° Secolo ?
Quando nei confronti di un imputato, che fino a quel momento è considerato colpevole, emergono prove che lo scagionano, queste vengono messe agli atti processuali e inoltrate al giudice affinché venga dichiarato l’innocenza dell’imputato stesso. Come mai, in questo caso, non vale la stessa regola ?

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