Militare polacco di nobili origini, Witold Pilecki parla correntemente tre lingue, studi all'Accademia di Belle Arti, pittore dilettante con ottimi risultati, padre di due figli. Dopo l'Anschluss Pilecki, ormai Tenente colonnello, si ritrova nella parte del suo paese invasa dai nazisti di Hitler. Si dedica alla guerriglia contro l'invasore agli ordini di una formazione politica partigiana - l'Armia Krajova - appoggiata dal legittimo governo di Varsavia ormai in esilio. Ed è proprio nel 1939 che viene considerato il miglior candidato tra i militari polacchi per infiltrarsi ad Auschwitz ed organizzare lì una qualche resistenza alle truppe del Terzo Reich, previo ingresso nel campo di concentramento ed assunzione di informazioni sul suo reale funzionamento. Il Tenente Pilecki assume l'identità di un suo commilitone, il Tenente Serafinski, sparito nelle operazioni di resistenza a Varsavia, sostituendo la sua foto a quella del collega su un documento rinvenuto dai servizi segreti polacchi in un'abitazione del centro cittadino. E' il 19 settembre 1940 che Pilecki, ormai coperto dalla nuova identità, riesce a penetrare nel campo di Auschwitz dopo essersi inserito tra i 1700 prigionieri rastrellati nelle strade e nelle case di Varsavia dalle SS. Una volta all'interno del campo, Pilecki comincia a far filtrare messaggi e rapporti verso l'esterno, diretti ai propri superiori ed alle forze alleate. Nel 1943 fugge dal campo e, col grado di Capitano di fanteria, partecipa alla rivolta di Varsavia. Nel 1945 l'Armia Krajova lo invia in missione nella parte della Polonia occupata dall'Armata rossa di Stalin, per ricavare informazioni sull'occupazione sovietica e sulle modalità repressive del Governo di Mosca. Viene scoperto nel 1947, accusato di spionaggio e di essere "nemico del popolo" e sottoposto a torture da parte delle milizie comuniste, che organizzano per lui un processo farsa, con giudici militari e senza difesa. Il 3 marzo 1948 il coraggioso Capitano Pilecki viene dichiarato colpevole e condannato a morte: la sentenza sarà eseguita nella tarda serata del 25 maggio 1948, mediante fucilazione, dal gruppo scelto dell'Armata rossa. Stalin ordina che il suo corpo non venga restitutito, per evitare di trasformalo in un eroe: non gli viene concessa nemmeno una sepoltura. Le sue spoglie non saranno mai più ritrovate.
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