1 - Michele simpatizzante partigiano sta pedalando velocemente verso il luogo segreto dove deve consegnare viveri, armi e medicinali per aiutare della gente nascosta sulle montagne. Ma ad un tratto, una jeep di pattuglia del vicino Comando tedesco arriva verso di lui. In pochi secondi deve trovare una soluzione e così d’istinto sfrutta, essendo Maestro di musica oltre che operaio alla SIAI Marchetti, quella che è la sua più grande abilità, il ritmo che ha nel sangue. L’uomo infatti, quando la macchina rallenta con la palese intenzione di fermarlo per un controllo, inizia a fischiettare in modo così efficace e sentito Lili Marlen che gli ufficiali della Gestapo con un sorriso di approvazione si limitano ad esibirsi nel saluto Nazista. Michele violentando la sua coscienza ricambia e prosegue imperterrito senza smettere di zufolare ma non appena l’auto lo sorpassa, inevitabilmente la mano destra si posa sull’avambraccio sinistro regalando all’aria un sonoro e soddisfatto tié.
2 – Tornato a casa dalla missione sua moglie Anita non lo accoglie come al solito con un abbraccio. Con il volto teso gli dice che c’è qualcuno nel fienile. L’uomo sa bene cosa significa. Qualche disgraziato è stato mandato da lui per sfuggire alla persecuzione tedesca. Però Michele trova strano il nervosismo della donna che tira a sé i suoi tre bambini come a volerli proteggere. Ma non appena entra nella stalla capisce il perché. Di fronte a lui esausti e spaesati ci sono i volti in erba di due soldati tedeschi in divisa. Il più giovane che non avrà avuto più di 18 anni teneva il capo chino come per nascondere una colpa di cui si vergognava, l’altro avanzò di qualche passo e tese la mano spiegando che erano due disertori e che volevano solo ritornare al loro paese perché stanchi delle atrocità della guerra.
3 – Nonostante il rischio Michele decide di aiutare i due biondini, come li chiamava lui, perché capisce che non si tratta di una delle solite trappole organizzata con la collaborazione dei fascisti, in quanto sul volto dei giovani disertori è dipinto il più puro terrore. E i tedeschi secondo la sua esperienza non mostravano mai paura.
4 – L’uomo così permette ai due di rimanere nascosti nel fienile dove all’interno di alcune balle di fieno era stato ricavato un piccolo spazio sufficiente per sopravvivere. Ma ogni dì dopo il coprifuoco e cioè quando i soldati, che non mancavano mai di punzecchiare la paglia con i tridenti che trovavano sul posto, se ne andavano delusi, Michele li faceva entrare in casa. I ragazzi sentendosi al sicuro e non disprezzati si comportavano rispettosamente con Anita aiutandola per esempio ad apparecchiare la tavola e come fratelli maggiori per i tre figlioletti della coppia.
5 – Con Michele invece si creò un legame diverso, i due giovani in un italiano stentato parlavano con lui aprendo il loro cuore. Gli rivelarono che non sopportavano più le torture che venivano inflitte al Comando per far parlare i prigionieri e che non tutti i tedeschi erano così. Ma Michele pensando che però in un primo momento le avevano accettate e forse anche applicate quelle stesse torture, con tono pungente dice che tutti tedeschi anche i civili hanno gli occhi stralunati di Hitler e quello era chiaro perché mentre per combattere il fascismo esisteva la resistenza organizzata nessuno si stava opponendo realmente al Nazismo. Per dare il colpo di grazia Michele mostrò ai due giovani una piccola immaginetta, che avrebbe poi tenuto nel portafoglio fino alla fine dei suoi giorni, con i ritratti di tre persone, padre, madre e figlioletto dicendo che erano stati buttati nel fuoco da alcuni soldati tedeschi, che per far loro ancora più male avevano strappato dalle braccia della donna il neonato gettandolo tra le fiamme per primo.
6 – A quel punto però il ragazzo più grande con le lacrime agli occhi insiste nel sostenere che davvero esistevano tedeschi che anche se per costrizione erano diventati nazisti non condividevano quelle terribili idee e per i quali le folli promesse del Furher non contavano nulla. Per dimostrare che le sue non erano solo parole dette con lo scopo di difendersi o difendere il suo popolo, il giovane raccontò una storia a lui vicina perché vissuta direttamente da una sua stretta parente e che aveva come protagonista un medico per il quale la donna lavorava come infermiera.
7 – Un medico viene incaricato dalle alte sfere di analizzare crani e organi degli ebrei per dimostrare la loro diversità dagli ariani. L’uomo che è uno scienziato nonostante non creda nel suo compito perché è convinto che caratteristiche di conformità fisica e scheletrica differenti non siano simbolo di inferiorità, è consapevole che l’ordine di un alto gerarca nazista alle dirette dipendenze di Hitler non si può rifiutare, altrimenti, per lui e per la sua famiglia ci sarebbero state l’alienazione e il carcere, se non di peggio.
8 – Un giorno deve incontrare niente di meno che Karl Brandt, il medico di Hitler fautore della soluzione finale e promotore dell’eutanasia degli individui ritenuti indegni alla vita. L’uomo ottenebrato dai suoi piani di gloria e potere, spiega al collega il perché di quella visita. E’ stato scelto per essere a capo di un progetto atto a dimostrare come non centrino per esempio condizioni di crescita, ambiente e altro per confermare che gli ebrei sono geneticamente una razza debole e inutile all’umanità. Brandt dice fiero che il grande onore di portare avanti gli esperimenti sui corpi di dieci neonati ebrei che saranno partoriti a giorni gli è stato concesso con approvazione del Furher in persona. In poche parole gli annuncia che dieci donne gravide prima di essere mandate alla Camera a Gas, avrebbero dato alla luce i loro bastardi che subito sarebbero stati consegnati a lui. Il suo compito, dimostrare che gli ebrei erano esseri inferiori sin dalla nascita.
9 – Poiché il modo non veniva precisato, l’uomo immaginando di dover sopprimere quei piccini per poi effettuare misurazioni, confronti fra piccoli cervelli, estrazione di organi dai loro fisici ancora caldi, e non limitarsi ad analizzare ossa e parti già estratte da corpi senza vita, sentì un brivido di orrore divampare dentro di lui. Ma cosa poteva fare da solo per evitare di deludere Ippocrate venendo meno al principio che ogni esistenza per un medico deve essere considerata sacra?
10 – Però con la forza della disperazione e di un potenziale immenso senso di colpa, l’uomo rimase lucido. Finse di essere nel mezzo di un intenso ragionare per prendere tempo. Come se stesse pensando al modo più efficace per realizzare il sogno di Brandt dimostrando definitivamente l’inferiorità del popolo d’Israele, ma in realtà le sue celluline grigie stavano studiando la maniera per salvare quelle piccole creature innocenti dal bisturi e dalla formalina.
11 – Sfruttando la sua grande abilità dialettica, il medico iniziò a parlare a Brandt di alcuni inesistenti studi e poi gli disse che lui approvava il succo del progetto ma che aveva un’idea che avrebbe potuto non solo dimostrare la diversità ma definitivamente la palese inferiorità degli ebrei e cosa non da poco che avrebbe anche portato grande gloria a colui, e cioè Brandt, che avesse autorizzato la sperimentazione.
12 – Il medico di Hitler incuriosito lo invitò a spiegare in che cosa consisteva l’ idea.
Così l’uomo sollevato, afferma che l’inferiorità degli ebrei si potrebbe dimostrare definitivamente solo in un confronto diretto con gli ariani. Brandt non capisce dove il collega vuole arrivare ma fa un cenno di assenso così l’uomo prosegue nell’ illustrazione del piano. Sostiene che prendendo per esempio quei dieci bambini ebrei e altri 10 ariani ( sapeva che alcune donne belle e sane venivano fatte accoppiare con giovani forti con l’unico scopo di creare la nuova razza pura e perfetta) e facendoli crescere per qualche anno assieme, mangiando lo stesso cibo, studiando le stesse materie e ricevendo le stesse cure, con un confronto diretto avrebbero potuto ugualmente capire chi era ebreo e chi ariano anche senza saperlo.
13 – Brandt in un primo momento pensando a figli della Germania che avrebbero dovuto convivere e avere gli stessi diritti di piccoli giudei, si dimostrò titubante, ma poi quando il medico insistette dicendo che per raggiungere un fine così nobile ed importante ogni sacrificio diventava accettabile, si convinse ed approvò il progetto che fu denominato, la Scommessa di Brandt.
14 – La Scommessa ebbe inizio in un Castello nei dintorni di Berlino dove alcune donne ignare vennero chiamate a fare da balia a 20 bambini senza sapere chi fossero e per quale motivo si trovassero lì.
15 - Ma per fare in modo che tutto fosse perfetto, che la scommessa avesse ancora più valore, per non essere influenzato in alcun modo, nessuno in quegli anni doveva poter distinguere i bambini. Per far si che ciò avvenisse, alla presenza di Brandt e altri due ufficiali, i piccoli, divisi in due gruppi per l’ultima volta, vennero numerati con un tatuaggio in numeri romani da un militare che sarebbe stato l’unico a sapere qual’era il numero casuale non progressivo assegnato loro. Poi l’uomo su un foglio vicino al numero scrisse una A o una J, a seconda se il bambino che aveva tatuato era Ariano o Ebreo. Alla fine il soldato mise il foglio in una busta che venne sigillata con la cera lacca e la consegnò A Karl Brandt.
16 – A quel punto il medico e il soldato stesso si aspettavano di assistere ad una specie di cerimonia durante la quale il militare avrebbe giurato di non rivelare mai nulla della Scommessa e di cancellare dalla propria mente se le ricordava le associazione numeri lettere che aveva trascritto. Ma un assistente di Brandt si limitò ad estrarre la pistola e a sparargli un colpo in fronte.
17 – Poi Brandt chiuse la busta nella cassaforte. Nella sua testa si immaginava il finale della Scommessa con il collega medico, l’unica che sarebbe stato lieto di perdere. Un uomo scelto tra i più rinomati specialisti avrebbe analizzato assieme al medico i bambini capendo facilmente quali erano ebrei e quali ariani perché anche se cresciuti con le stesse identiche cure, possibilità e con la stessa istruzione, i giudei sarebbero stati certamente meno sani, meno intelligenti, inferiori insomma.
18 – Per fortuna, quel tempo era lontano pensava il medico e tutto forse sarebbe cambiato.
Agli occhi del mondo il Castello sarebbe stato una scuola speciale per creare la solita razza perfetta. Bambini scelti fra tanti per diventare un giorno le menti più importanti di Germania, i sostenitori più accesi del Nazional Socialismo, i figli più distinti di Adolf Hitler. In realtà in quel Castello c’erano solo tanti bambini che sarebbero cresciuti e istruiti da un medico scienziato e dalla sua infermiera secondo i canoni di una società semplicemente umana. Per 10 anni sarebbero stati bambini felici. Il medico aveva la consapevolezza di aver salvato 10 piccoli ebrei. Ma in realtà stava salvando anche il cuore di 10 piccoli tedeschi.
19 – Michele rimase colpito dalla Storia della Scommessa di Brandt, tanto che in futurò la raccontò a sua nipote assieme alla triste fine dei due giovani soldati. I ragazzi infatti una volta lasciata la casa dove erano stati accolti con affetto, con la speranza di arrivare presto oltre confine, nonostante le indicazioni e le raccomandazioni di Michele di non passare da Taino un paese vicino, si persero dopo solo pochi chilometri andando a finire proprio alla stazione di quel paese. Lì incontrarono un ometto che sembrava innocuo. L’uomo mostrando loro la via più breve per allontanarsi dalla zona e arrivare alle montagne ne carpì la fiducia convincendoli a rimanere ad aspettarlo nascosti dietro gli alberi con la scusa di andare a prendere del denaro che sarebbe stato loro utile per affrontare il lungo viaggio. In realtà l’uomo che era il capo dei fascisti tornò con dei soldati tedeschi che catturarono i disertori e li fucilarono nella piazza del paese.
Michele e la sua famiglia per molti anni avrebbero messo un fiore in loro ricordo su uno di quei piccoli monumenti ai caduti costruiti lungo le strade in onore delle tante persone uccise durante la guerra.
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