Nel 1908 viene inaugurata a Roma la scuola per infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana e l’anno dopo fra le allieve in divisa bianca c’è anche una signora sottile ed elegante. La nuova aspirante crocerossina si chiama Hélène d’Orléans ed oltre ad essere altissima, affascinante ed energica è anche la moglie di Emanuele Filiberto di Savoia duca Aosta, cugino di re Vittorio Emanuele III. La prestigiosa adesione viene salutata con la massima soddisfazione dai vertici italiani della Cri, poiché la principessa è, come si direbbe oggi, una persona molto dinamica e la cosa in giro si sa. Ispettrice Generale delle Infermiere Volontarie dal 1911, la duchessa di Aosta partecipa alla sua prima missione sulla nave ospedale Menfi che rimpatria i soldati feriti o malati dalla Libia. Nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Hélène inizia a visitare ospedali grandi e piccoli lungo tutta la linea del fronte, quello che vede spesso non le piace, ma lei non è certo il tipo da stare zitta e far finta di nulla. “Grazie al suo spirito organizzativo – racconta il nipote, il principe Amedeo attuale duca di Aosta – e insieme a validissime collaboratrici, riuscì ad organizzare il Corpo delle Infermiere Volontarie e a gestire una logistica non facile, con le crocerossine sempre a fianco dell’esercito, che svolgevano la loro missione fin nei luoghi più avanzati del fronte. Grazie al suo forte carattere riuscì ad imporre le sue infermiere in seno ad un ambiente sanitario e militare che fino ad allora tendeva a considerare le donne solo alla stregua di buone samaritane e non certo professioniste preparate e motivate quali erano; bastò poco comunque perché le Sorelle si facessero conoscere ed apprezzare per il loro prezioso lavoro”. La duchessa di Aosta durante tutti gli anni della guerra si impegna in prima persona e, come testimoniano i suoi superiori, dà prova di coraggio, resistenza alla fatica ed ai disagi, e grande efficienza. Ma è anche pronta a protestare quando si trova di fronte a situazioni insostenibili dal punto di vista medico e sanitario. Energica, piena di iniziativa e di una severità che la fa giudicare intransigente (ma ci voleva specie nei primi tempi della guerra) Hélène non si lascia intimidire dalle greche del generali a cui rivolge le sue richieste di provvedimenti. La duchessa non ha paura, né dei bombardamenti, spesso resta in prima linea accanto ai soldati, né dei vertici dell’esercito e per tutti gli anni del conflitto combatte una sua personale lotta contro l’inefficienza e le disposizioni assurde. Il diario che tiene in quel periodo è ricco di annotazioni sui feriti trasportati in carri bestiame nei quali le condizioni igieniche sono disastrose, sugli ospedali disorganizzati e sporchi, ma anche sulle strutture dove l’assistenza funziona come si deve. Donna di gran cuore la duchessa è spesso vicina ai malati e ai feriti in un modo non certo convenzionale per una signora dell’alta società per di più reale; a Venezia ad esempio non esita ad assistere fino all’ultimo minuto, tenendolo stretto fra le sue braccia, un giovane fante moribondo che nel delirio l’ha scambiata per la madre. “Dai numerosi diari, lettere ed altri scritti di infermiere volontarie – osserva il nipote – si evincono soprattutto le doti di profonda umanità, compassione e bontà (non disgiunta mai da fermezza) della loro ispettrice generale. Sempre preoccupata anche del benessere fisico e psicologico delle sue ‘figliole’ come spesso chiama le sue infermiere o col termine stesso di “sorelle di carità” da lei usato in una commemorazione e che sostituirà definitivamente quello di ‘dame’ utilizzato fino ad allora”.
Hélène in abito da sposa
Italiana per matrimonio e francese per origini, Hélène è inglese di nascita, ma assolutamente europea per conoscenze, frequentazioni, cultura, studi e abitudini. La principessa, nata a Twickenham nei pressi di Londra il 13 giugno 1871, è infatti una delle figlie di Luigi Filippo “conte di Parigi”, condannato all’esilio in quanto pretendente al trono di Francia. La futura duchessa d’Aosta, che ha una sorella regina del Portogallo e per via materna discende dai Borboni di Spagna, cresce fra Villamanrique, una grande finca vicino a Siviglia, e la Gran Bretagna dove frequenta la corte inglese e ha come compagni di giochi i figli del principe di Galles, futuro re Edoardo VII. Le relazioni sono così strette che una storia d’amore fra i rampolli reali è quasi inevitabile: il duca di Clarence primogenito dell’erede al trono, non resiste al fascino di Hélène, le fa una corte assidua, si comincia a parlare di nozze, ma il padre della principessa, nonostante il prestigio di una tale unione, pone un veto deciso ed irremovibile. Hélène non può abiurare al cattolicesimo, conditio sine qua non per salire sul trono d’Inghilterra, e lo stesso papa Leone XIII fa sapere che una scomunica seguirebbe a ruota ad una eventuale conversione della principessa francese alla chiesa anglicana. Così il matrimonio inglese sfuma. Lui ci rimane molto male, però si fidanza prontamente con un’altra perché la dinastia ha bisogno di eredi, ma una polmonite lo stronca poco prima delle nozze e la promessa sposa passa velocemente al fratello. Saranno re Giorgio V e la regina Mary. Come volergliene alla povera Mary per questo frettoloso rimpiazzo, sapendo che il defunto fidanzato nell’agonia aveva invocato solo la perduta Hélène?
Emanuele Filiberto duca d’Aosta
Sempre per questioni di fede e di abiure non contemplate va a monte anche un altro progetto matrimoniale, quello con lo zarevic Nicola, figlio dello zar Alessandro III, così Hélène a 23 anni è ancora insolitamente (per la sua epoca e per il suo ceto sociale) nubile. Ci vuole un lutto per cambiare drasticamente la situazione. Al funerale del padre nel 1894, Hélène solleva per un attimo il fitto velo nero ed incontra lo sguardo di Emanuele Filiberto duca d’Aosta, inviato dallo zio re d’Italia a rappresentare i Savoia. Un’occhiata rapidissima, ma più che sufficiente. L’unione, per quanto dinasticamente perfetta, però non è vista di buon occhio in Italia e lo sposo fatica a portare all’altare la sua principessa francese la quale oltre ad un albero genealogico impeccabile pare abbia anche una buona dote (e forse persino qualche lascito dal prozio duca di Aumale), il che non dispiace allo squattrinato duca d’Aosta. I motivi delle perplessità sabaude sono politici (con la Francia i rapporti non sono cordiali) e di opportunità visto che il principe ereditario Vittorio Emanuele è ancora scapolo. Il duca di Aosta la spunta ed il 25 giugno 1895 sposa finalmente Hélène, ma l’accoglienza in Italia è freddina, la principessa cosmopolita, padrona di quattro lingue, colta, a suo agio nell’alta società internazionale, viene guardata quasi con timore da una corte recente e tutto sommato ancora abbastanza provinciale. Il commento apparentemente benevolo della regina Margherita ha un retrogusto al veleno: “per educazione e per fisico è una vera inglese, la dicono buona, intelligente e colta, diventerà una bella donna”. La prima sovrana d’Italia non solo odia cordialmente tutto quanto connesso con la Francia, ma soprattutto ha un figlio che non è un adone (al contrario di tutti i Savoia Aosta) e che non riesce ad accasare. Con il resto della famiglia non va meglio, il principe ereditario è per carattere scontroso e diffidente, la matrigna del marito Letizia Bonaparte, contrarissima alle nozze, mantiene la sua posizione ad oltranza, i cognati uno dedito ai cavalli, l’altro alle esplorazioni (è il famoso duca degli Abruzzi) sono praticamente invisibili, solo il re è cordiale. Così Hélène si butta sulla beneficenza e nel frattempo mette al mondo due figli Amedeo e Aimone che educa secondo il severo modello britannico. Il matrimonio ad ogni modo funziona molto bene e una reale complicità nasce fra i due sposi che non prendono mai decisioni senza il consiglio l’uno dell’altro. Negli anni ci saranno cedimenti e da una parte e dall’altra, ma la coppia resterà sempre unita e solidale. Hélène ha le “physique du role” e lo stile della vera principessa, è brillante, elegante, raffinata, originale e quindi diventa presto molto popolare fra tutte le classi sociali della nuova nazione. Compiaciuta per il rispetto che le dimostrano gli italiani la duchessa di Aosta sposa gli interessi e le cause del suo nuovo paese e la “figlia di Francia” diventa rapidamente più italiana degli italiani.
Hélène con il marito, i due figli e la madre l’infanta Isabella (figlia a sua volta di Luisa Fernanda sorella della regina Isabella II di Spagna) vedova del conte di Parigi, pretendente Orléans al trono di Francia
La principessa però non gode di buona salute, è spesso febbricitante ed una tosse stizzosa la lascia sovente senza forze, i medici diagnosticano una tubercolosi e, come si usava all’epoca, le consigliano un lungo soggiorno nei climi caldi. La duchessa parte nel 1907, arriva in Egitto e poi si spinge fino all’Oceano Indiano. Torna in Italia giusto in tempo per accorrere a Messina dove presta assistenza alle popolazioni colpite dal disastroso terremoto, il che non giova alla sua salute, così nel 1908 riprende i suoi viaggi, ma questa volta si dirige verso sud, Sudafrica, Rodhesia, poi l’anno dopo Kenya e Somalia. I paesi lontani e sconosciuti l’attraggono in modo irresistibile, nel 1913 arriva fino in Asia, visita l’India, Ceylon, l’Indocina, il Borneo, Sumatra, l’Australia, la Nuova Zelanda, torna attraverso gli Stati Uniti, il Canada e la Spagna. La malattia ormai è solo un ricordo e durante questi lunghi peripli prende appunti che diventeranno dei libri: “Viaggi in Africa”, “Verso il sole che si leva”, “Vita errante”, “Attraverso il Sahara”. Nel frattempo è diventata crocerossina, è stata nominata Ispettrice Generale (lo resterà fino al 1921), ha fondato l’Opera Nazionale di Assistenza all’Italia Redenta e D’Annunzio l’ha celebrata con versi non particolarmente belli, ma molto esaltati. Hélène per il Vate è la personificazione della amatissima Francia unita alla regalità italiana; per la duchessa la “La canzone di Elena di Francia” la sesta delle “Canzoni d’Oltremare” è invece la consacrazione ad eroina sabauda.
E quegli ch’ebbe stritolato il mento/dalla mitraglia e rotta la ganascia,/e su la branda sta sanguinolento/e taciturno, e i neri grumi biascia,/anch’egli ha l’indicibile sorriso/all’orlo della benda che lo fascia,/quando un pio viso di sorella, un viso/d’oro si china verso la sua guancia,/un viso d’oro come il Fiordaliso./Sii benedetta, o Elena di Francia,/nel mar nostro che vide San Luigi/armato della croce e della lancia”. Hélène ammira D’Annunzio per l’eroismo, ma è infastidita da certi aspetti del suo carattere e della sua personalità di uomo libertino e miscredente. Infatti la principessa anticonformista, amica di intellettuali e massoni, è profondamente religiosa e vive il suo rapporto con il cattolicesimo in una maniera intensa e priva di ostentazione.
Nel 1905 i duchi di Aosta si trasferiscono a Napoli e nel palazzo di Capodimonte Hélène tiene una corte splendida e il suo prestigio diventa quasi quello di una regina. Stimata dalla Chiesa per la sua devozione e la sua carità ossequiata dalle autorità, popolare fra la gente, la duchessa visita i bassi di Napoli e fra la miseria più nera si muove con naturalezza; persino Matilde Serao, la potentissima giornalista de “Il Mattino” le dimostra una certa simpatia.
Allo scoppio della I Guerra Mondiale la principessa, interventista fin da subito, è al fronte con il marito, comandante della III Armata, ed i figli di 17 e 15 anni. Ottiene una medaglia d’argento al valor militare due croci al Merito di Guerra, due onorificenze francesi, una inglese, e la medaglia Florence Nightingale, ma il drammatico conflitto lascia su di lei una impronta indelebile, scrive: “niente potrà cancellare la visione mostruosa della guerra”. Nel 1919 riprende a viaggiare, ma rientra per manifestare la sua adesione all’impresa dannunziana di Fiume, recandosi nella città contestata accolta dal poeta, ed attirandosi così i fulmini del Governo. Nitti la definisce una “lady Macbeth” che, “nella più pura tradizione di tradimento degli Orléans, sta lavorando per spodestare il ramo principale della casata a favore del marito e dei figli”.
Una celebre foto, da sinistra il duca d’Aosta, Hélène, e i figli Aimone e Amedeo, tutti e due altissimi e molto belli
Con Mussolini la duchessa ha rapporti amichevoli tanto che il libro sulla sua esperienza al fronte, pubblicato nel 1930 “Accanto agli Eroi. Diario di guerra” ha la prefazione del Duce. Il capo del Governo è sempre deferente verso di lei, accontenta le sue richieste, tollera le asprezze del suo carattere in sostanza se ne fa un’alleata, ma pare che ad un certo punto Mussolini si sia irritato per la mania della duchessa di farsi ritrarre nei suoi sempre molto frequenti viaggi in Africa assieme alle popolazioni locali.
Il duca e la duchessa d’Aosta escono da una udienza al Vaticano, il figlio Aimone racconterà che la madre si era messa a discutere con il Papa al quale aveva chiesto di intervenire per risolvere un problema legato ad un istituto benefico
Emanuele Filiberto muore all’improvviso nel 1931, ma lei resta a Capodimonte (dove si installa anche il secondo marito il colonnello Otto Campini, sposato nel 1936) e nonostante l’età e la malattia ai polmoni conserva una stupefacente energia fisica e nervosa. In quel periodo un affetto particolare la lega alla principessa di Piemonte, Maria José del Belgio come lei intelligente, anticonformista, priva di pregiudizi, di mentalità aperta al limite della stravaganza. Sono anche gli anni in cui i figli si sposano, Amedeo con Anna d’Orléans, cugina per parte di madre e per parte di padre, Aimone che all’epoca era considerato uno degli uomini più affascinanti d’Italia, con Irene di Grecia.
Nel palazzo di Capodimonte la duchessa rimane durante tutto il secondo conflitto mondiale e nei giorni dell’occupazione nazista è il suo coraggio a salvare una situazione disperata. “Un giorno un soldato tedesco viene colpito da una fucilata tirata da una finestra del palazzo – racconta il nipote Amedeo – poco dopo si presenta un colonnello delle SS insieme ai suoi uomini armati di mitragliatrici e dopo aver fatto allineare contro un muro tutti i domestici chiede di denunciare il colpevole. Mia nonna scende dai suoi appartamenti e dice al colonnello: ‘signore, in questo palazzo niente si fa senza che io lo sappia. Dunque sono l’unica responsabile. Se lei ha qualcosa da dire o da fare è a me che si deve rivolgere’. L’ufficiale impressionato sparisce con i suoi soldati. A Napoli ancora se ne parla”.
Sono anni di grandi dolori, la morte dei figli lontani (Amedeo, prigioniero degli inglesi nel 1942, Aimone a Buenos Aires nel 1948), la fuga del re, il referendum che cancella la monarchia, ma Hélène resiste e va avanti. Dopo il 2 giugno 1946 si ritira in un albergo a Castellammare di Stabia e quando Umberto impone a tutta la famiglia di lasciare il paese la duchessa non si muove. “Sire – fa sapere al re – sono diventata italiana e resto in Italia”. L’ultimo gesto di amore nei confronti di quella che è ormai la sua patria è il dono, nel 1947, alla Biblioteca Nazionale di Napoli del Fondo Aosta, costituito dalla Raccolta libraria (oltre 11.000 volumi ed opuscoli), ed anche dalla straordinaria Raccolta africana e da una notevole Raccolta fotografica. Hélène d’Oléans duchessa di Aosta muore a Castellammare di Stabia il 21 gennaio 1951.
Una immagine di Hélène ragazzina a Londra
Hélène è diventata una principessa da marito
La futura duchessa di Aosta insieme a due amiche inglesi, a sinistra Alexandra principessa di Galles, moglie del futuro Edoardo VII e la principessa Vittoria d’Inghilterra
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