mercoledì 16 febbraio 2011

MAFALDA DI SAVOIA

Mafalda di Savoia (Roma, 19 novembre 1902 – Buchenwald, 28 agosto 1944) era la secondogenita del re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro e sorella di Umberto II.


L'adolescenza

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, Muti il suo soprannome, di indole docile e obbediente, ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte.Trascorse la sua infanzia nell'ambiente familiare accanto alla madre e alle sorelle Giovanna, Jolanda e Maria Francesca; le vacanze si svolgevano a Sant'Anna di Valdieri, a Racconigi e a San Rossore con la partecipazione di tutta la famiglia.Durante la prima guerra mondiale, con le sorelle, seguì la madre nelle sue frequenti visite ai soldati e agli ospedali, venendo così coinvolta nelle attività materne di conforto e cura alle truppe.


Il matrimonio

Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il landgravio Filippo d'Assia.Come dono di nozze ebbero un piccolo casale romano, situato tra i Parioli e la villa Savoia, a cui gli sposi dettero il nome di Villa Polissena, in memoria della principessa Polissena Cristina d'Assia-Rotenburg, seconda moglie di Carlo Emanuele III di Savoia.

Dal matrimonio ebbe quattro figli:

Maurizio d'Assia (Racconigi, 6 agosto 1926), il quale sposò il 1 giugno 1964 la principessa tedesca Tatjana di Sayn-Wittgenstein-Berleburg (31.7.1940), da cui divorziò nel 1974; da questa unione nacquero 4 figli: Mafalda (6.7.1965), Enrico (17.10.1966), Elena (8.11.1967) e Filippo (17.9.1970).

Enrico d'Assia (Roma, 30 ottobre 1927 - Langen, 18 novembre 1999).

Ottone d'Assia (Roma, 3 giugno 1937 - Hannover, 3 gennaio 1998), il quale sposò il 5 aprile 1965 Angela von Doering (12.8.1940), dalla quale divorziò nel 1969; seconde nozze nel 1988 con la cecoslovacca Elisabeth Bönker, da cui divorziò nel 1994.

Elisabetta d'Assia (Roma, 8 ottobre 1940), la quale sposò il 28 febbraio 1962 Friedrich Karl Gf von Oppersdorff (30.1.1925-1985); da questa unione sono nati due figli: Federico Carlo (1.12.1962) e Alessandro (3.8.1965).

Fu il periodo dell'ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda con simpatia. Per la nascita dei suoi figli, Hitler le conferì la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole). Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi.Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re fuggirono al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli, forse per paura che informasse il Landgravio agli ordini del Führer. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Romania. Ne venne informata nel suo viaggio di ritorno, alla stazione ferroviaria di Sinaia, in piena notte, dalla regina Elena di Romania, che aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia. Consiglio che Mafalda decise di non seguire.

Un tragico epilogo

Dopo i funerali del cognato Boris III, la principessa Mafalda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata.

Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da Monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI).

Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con urgenza, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, fu trasferita poi a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Le venne fatto divieto di rivelare la propria identità (per scherno i nazisti la chiamano Frau Abeba). Nel campo di concentramento le viene riconosciuto un particolare riguardo: occupa una baracca ai margini del campo insieme ad un ex-ministro socialdemocratico e sua moglie; ha lo stesso vitto degli ufficiali delle SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Le viene assegnata come badante la signora Maria Ruhnan Testimone di Geova deportata per motivi religiosi; questa fu una figura molto importante per la principessa, la quale in punto di morte chiese che il suo orologio le fosse regalato come segno di riconoscenza. Il regime, pur privilegiato rispetto a quello di altri prigionieri è, comunque, duro: la dura vita del campo e il freddo invernale intenso la provarono molto. Malgrado il tentativo di segretezza attuato dai nazisti la notizia che la figlia del Re d'Italia si trovava a Buchenwald si diffuse.

Dalle testimonianze si apprende che i prigionieri italiani avevano sentito dire di una principessa italiana reclusa e che un medico italiano lì rinchiuso le aveva prestato soccorso. Si sa anche che mangiava pochissimo e che quando poteva faceva in modo che quel poco che le arrivava in più fosse distribuito a chi aveva più bisogno di lei.

Nell'agosto del 1944 gli anglo-americani bombardarono il lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. L'operazione è di una lunghissima, sconcertante durata. Ancora addormentata, Mafalda viene abbandonata in una stanza del postribolo, privata di ulteriori cure e lasciata a se stessa. Muore dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944. L'opinione del dottor Fausto Pecorari, radiologo internato a Buchenwald, è che Mafalda sia stata intenzionalmente operata in ritardo (seppur con procedura in sé impeccabile) per provocarne la morte. Il metodo delle operazioni esageratamente lunghe o ritardate era già stato applicato a Buchenwald, ed eseguito sempre dalle SS su altre personalità di cui si desiderava sbarazzarsi.

Il suo corpo, grazie al prete boemo del campo, padre Tyl, non venne cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa comune. Solo un numero: 262 eine unbekannte Frau (donna sconosciuta). Trascorsi alcuni mesi, sette italiani, già appartenenti alla regia marina e rinchiusi come lei nei campi di concentramento nazisti, non appena liberi seppero trovare fra mille la sua tomba anonima e si tassarono per apporvi una lapide identificativa.

Il dottor Fausto Pecorari, subito dopo essere rientrato a Trieste, si recò personalmente a Roma dal Regio Luogotenente principe Umberto per comunicargli la triste notizia del decesso per assassinio della principessa Mafalda.

La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia nel castello di Kronberg in Taunus a Francoforte-Höchst, frazione di Francoforte sul Meno.

"Italiani, ricordatevi di me come di una vostra sorella"

Dopo essere stata diseppellita dalle macerie, causate dal bombardamento Alleato, Mafalda venne stesa su una scala a pioli per essere trasportata nella squallida casa che era stata adibita a infermeria. Nel tragitto notò due italiani dalla "I" che avevano cucita sulla giubba. Fece segno di avvicinarsi col braccio non ferito e disse loro: «Italiani, io muoio, ricordatevi di me non come di una principessa, ma come di una vostra sorella italiana».

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