martedì 8 febbraio 2011

LA NOSTRA MEMORIA

La memoria. Sono in molti a pensare che la Storia sia un fedele resoconto su basi sempre più scientifiche di eventi ed avvenimenti umani e la scientificità della Storia può solo dipendere dal metodo con cui viene compiuta la ricognizione in ogni tipo di vestigio, documento, testimonianza. Deve tratta...rsi di un metodo obiettivo che possa tramandarci, consegnarci la Storia distaccata dalla passione, senza astigmatismi, con orizzonti agli occhi. Ma se la vita è prevalentemente passione come può la storia parlare un linguaggio diverso ai viventi, ai posteri; perché non dovrebbe assumere essa stessa i toni della passione? Può la ricostruzione storica dei fatti prescindere dal dolore e dalla tragicità degli eventi narrati? Vi è in ciò una concezione fatalmente semplicistica che si compendia nella presunzione di una storia totalmente estranea alla sua stessa umanità.


E' una storia che si vorrebbe fatta di tracce materiali, di registrazioni filmate o di documentazioni scritte, una storia che assume con sospetto la testimonianza diretta, che rifugge dalla memoria dei sopravvissuti e che sovente rifiuta l'analisi critica degli eventi. L'era dell'elettronica potrà forse mutare definitivamente gli strumenti e le fonti della storiografia. Restano tuttavia eventi, anche recenti, che nella loro tragicità devono per essere raccontati, transitare dalla memoria dei sopravvissuti, rivivere nei racconti e nelle parole dei superstiti per divenire memoria collettiva, insegnamento e monito per le future generazioni: anche questa è storia.

La tragedia europea del novecento resta, anche e soprattutto, un momento di doverosa memoria collettiva.

C'è in questa vicenda, che attraversa il secolo trascorso, un contenuto che travalica i singoli eventi, la loro puntuale ricostruzione storica, c'è in questo secolo così vicino eppure così troppo spesso pudicamente dimenticato nei suoi più tragici momenti, un dato che oltrepassa la scientificità della storia e attiene all'essenza stessa dei valori della civiltà europea, dell'essere cittadino d'Europa: siamo e ci riconosciamo cittadini di un medesimo continente unito in primo luogo perché partecipi di un'identica tragedia collettiva oltre che di medesimi valori.

L'analisi storica ci permette di cogliere cause e ragioni dello sterminio degli ebrei; le responsabilità, individuali e collettive, quelle dirette e quelle indirette; si può giungere addirittura a riconoscere nei fatti della storia i chiari segni premonitori di una tragedia ampiamente prevedibile e anche prevista (anche in ciò sta l'identità comune degli europei). Ma ciò che alla fine emerge con assoluta certezza è l'appartenenza della Shoah a tutta l' Europa, alla sua memoria storica. Emerge allora l'importanza delle testimonianze dei sopravvissuti, del loro dolore, di ogni singolo episodio quotidiano che concorre a ricostruire, al di là dell'imponenza drammatica delle cifre (i sei milioni di morti), la tragicità umana di tale vicenda, la grandezza del dolore che è sempre comunque dolore del singolo e non può mai semplicemente sommarsi, ma deve essere letto e conosciuto ognuno per proprio conto.

Vi è, in certe ricorrenti tesi negazioniste il tentativo di condurre la vicenda dello sterminio degli ebrei in Europa nel campo delle prove storiche, attraverso argomentazioni pseudoscientifiche a cui è purtroppo sin troppo facile rispondere con dovizia di particolari. Tra le argomentazioni ricorrenti usate dai negazionisti fa spicco quella che mira a screditare la valenza delle testimonianze dirette dei sopravvissuti. C' è in ciò un tentativo di mistificazione che va ben al di là della negazione della "Shoah": non è un fatto storico ad essere negato, ma addirittura il diritto individuale di ogni sopravvissuto a vedersi riconosciuto il proprio ruolo di portatore della memoria, di testimone vivente dei fatti. Di tale ruolo ci ha reso una testimonianza esemplare e indimenticabile Primo Levi con la sua opera letteraria, ma prima ancora con il suo sforzo umano nel ricordare. Ciò che per Levi costituì un dovere verso sé stesso e i suoi compagni di prigionia diviene per tutti noi un obbligo a salvaguardia di qui valori di libertà, tolleranza e democrazia che appunto perché valori autentici non possono mai darsi per scontati.

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