Il 26 aprile 1889 nacque a Vienna Ludwig Wittgenstein, filosofo e logico austriaco allievo e collaboratore di Bertrand Russell. Fu, tra l’altro, compagno di scuola, a Linz, di Adolf Hitler (coetaneo, ma indietro di due classi). Nel 1922 , mentre quest’ultimo fondava il National Sozialistische Deutsche Arbeitspartei, meglio conosciuto come Partito Nazista, Wittgenstein pubblicava il “Tractatus logico-philosophicus”, considerato una delle opere filosofiche più importanti del Novecento, iniziandolo con le parole “tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dir chiaro, e su ciò di cui non si può parlare si deve tacere“.L’autore stesso, convinto di avere “risolto” definitivamente tutti i problemi, dopo la pubblicazione del trattato abbandonò, coerentemente, la filosofia.
Allo stesso modo, nel 1919, influenzato dal cristianesimo di Tolstoj, si era liberato della cospicua eredità paterna per vivere senza inutili orpelli. Pensatore anomalo per vari motivi, conserva ancor oggi un’immagine oracolare e misteriosa che ha scatenato i tentativi di spiegazione esistenziali (ricorrendo, ad esempio, alla sua omosessualità) o patologiche (avanzando il sospetto che potesse essere affetto dalla Sindrome di Asperger, una forma di autismo). Wittgenstein morì a Cambridge il 29 aprile 1951, malato di cancro. Un istante prima di perdere conoscenza, sussurrò ai presenti la sua ultima frase: «Dite a tutti che ho avuto una vita meravigliosa». In uno degli innumerevoli aforismi tratti dai suoi scritti così si descrisse: “Ci sono uomini che sono troppo fragili per andare in frantumi. A questi appartengo anch’io“.
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