Helga Deen (1925-1943) è autrice di un Diario, conservato oggi presso l’Archivio Regionale di Tilburg (Olanda). La giovane ebrea, diciottenne (nella foto), fu uccisa dai nazisti nel campo di sterminio di Sobibor, il 16 luglio 1943. Il Diario è stato consegnato all’Archivio dal figlio di Kees van den Berg, che da giovane fu amato da Helga e ne ricambiò i sentimenti. Il diario si è salvato, con alcune lettere, perché Helga lo nascose in una borsa. Le 21 pagine, alcune delle quail riportano disegni di Helga, ci raccontano gli ultimi giorni della ragazza nel campo di Vugh, in Olanda, prima del fatale trasferimento a Sobibor. Se non ha la lunghezza o la complessità del Diario di Anne Frank, quello di Helga è storicamente importante almeno come quello di David Koker, pubblicato nel 1977. Helga Deen stava frequentando l’ultimo anno alle scuole superiori di Tilburg quando fu arrestata con la famiglia e deportata a Vugh, il 1° aprile del 1943. Fu sistemata nella Baracca 34B. 31.000 persone, la metà ebree, furono rinchiuse a Vugh fra il mese di gennaio 1943 e il settembre del 1944. Vugh era l’unico campo di concentramento diretto dale SS fuori dalla Germania. Il 5 giugno 1943 fu annunciato che tutti I bambini sarebbero stati trasportati via dal campo. Il primo convoglio, carico di bambini fino a tre anni di età, partì il giorno dopo. Il 7 giugno partirono I ragazzi da 4 a 16 anni, con le loro madri o padri. In totale, 1269 bambini e ragazzi ebrei furono trasferiti da Vugh a Westerbork e subito a Sobibor, dove furono sterminati poco dopo l’arrivo. Helga descrisse i trasferimenti dei piccoli e la disumanità dei loro carnefici. Helga iniziò a scrivere segretamente il diario, che terminò il 2 luglio 1943, poco prima di essere deportata a Sobibor, dove fu uccisa. Scriveva perché aveva promesso al suo amato di registrare le proprie esperienze e di indirizzargli idealmente più lettere possible. “Carissimo”: così Helga si rivolge a lui nel Diario e nelle cinque lettere. Divisa dai familiari, scrisse nell’ultima lettera , datata 2 luglio 1943: “Quello che stiamo passando in questi mesi è indescrivibile e per chi non ne abbia avuto esperienza, inimmaginabile”.
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