domenica 22 maggio 2011

LA BANALITA' DEL MALE - HANNAH ARENDT


Resoconto lucido e riflessivo del processo che vide imputato e condannato a morte Adolf Eichmann, ritenuto responsabile di crimini contro il popolo ebraico e l’umanità dalla magistratura dello Stato di Israele per l’alta mansione di organizzatore logistico del sistema incaricato della raccolta e deportazione degli ebrei ai campi di concentramento e sterminio. Hanna Arendt analizza quello che, a cominciare dalla cattura avventurosa del burocrate nazista e dell’enorme richiamo internazionale, è un evento unico. Qual è il senso della condanna capitale di un solo uomo difronte all’olocausto di milioni di individui? Sotto che legge viene processato? Quale Corte imparziale lo giudica? Chi è Adolf Eichmann che si proclama solo un esecutore, e che ripete come tutti i nazisti che se non avesse obbedito sarebbe stato passato per le armi? Fino a che punto si può ritenere solo un funzionario al pari dell’ultimo scribacchino della Cancelleria del Reich? E perché non si può vedere in Eichmann lostesso comportamento del popolo tedesco che ha accompagnato entusiasticamente Hitler fino alla tragedia di entrambi? E compiere il male, può essere anche così banale come la firma posta in calce ad un documento di trasporto che porterà delle vite verso luoghi di annientamento?

Più trovare radici nella natura umana, il male “è proprio l'assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni mediante un dialogo con se stessi, dialogo che la Arendt definisce due in uno e da cui secondo lei scaturisce e si giustifica l'azione morale, che uomini spesso banali si trasformano in autentici agenti del male. Ed è questa stessa banalità a rendere, come è accaduto nella Germania nazista, un popolo acquiescente quanto non complice con i più terribili misfatti della storia e a far sentire l'individuo non responsabile dei suoi crimini e senza il benché minimo senso critico.”

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