sabato 12 marzo 2011

IL RACCONTO DI UNA BIMBA POLACCA

"Avevamo un negozio di alimentari. Nella nostra famiglia c'erano due bambini: io e mio fratello, più grande di me di due anni. Quando la Germania ha aggredito la Polonia nel settembre 1939 avevo otto anni e frequentavo la seconda elementare. Io e mio fratello andammo a passare le vacanze dalla nonna a Prystvence, un villaggio vicino a Brzozòw nella provincia di Krosno. Cominciammo ad andare a scuola nel 1940, ma dopo un semestre fummo costretti a interrompere perché ai bambini ebrei era proibito andare a scuola. Eravamo molto depressi dalla lontananza dei genitori, scambiavamo lettere con la mamma, la quale dopo otto mesi venne a sapere come nostro padre si trovasse nella zona russa. Entrambi i nostri genitori riuscirono a raggiungerci. Ero molto contenta, si viveva tutti insieme fino al 1943. Ci buttarono fuori di casa. Per alcuni mesi abitavamo presso degli ebrei che prima non conoscevamo, poi una settimana dallo zio a Brzozòw. Un giorno fu emanato per tutti gli ebrei l'ordine di radunarsi la mattina seguente, alle sei allo stadio. Ci siamo nascosti e non siamo andati. Il cuore ci diceva che lì ci aspettava la morte. Ci nascondevamo presso dei contadini. Eravamo costretti a dividerci, io rimasi con la zia, e mio fratello con i genitori, perché nessun contadino riusciva a tenere un gruppo così grande. Mi venne nostalgia della mamma, e allora lasciai la zia e andai a cercare i miei genitori dove erano nascosti. Quel giorno fu condotta dai tedeschi una akcja (un'operazione lampo contro gli ebrei . Non trovai i miei genitori, perché si erano nascosti nei boschi, solo di notte tornarono dal contadino a dormire. Non fu possibile rimanere nello stesso posto, di nuovo ci dividemmo: il babbo si incamminò avanti, io andai dalla mia maestra al villaggio perché sapevo che mi voleva bene.La maestra mi tenne per la notte, mi mandò dal prete di Brzozòw, e mi consigliò di chiedere ospitalità come sua nipote. Camminavo lungo una strada con la speranza di salvarmi. La sera arrivai alla casa del prete e raccontai tutto, ascoltarono attentamente e sua sorella, Krjwonosowa, mi portò a casa sua. Dopo tutti quei pellegrinaggi mi sentii come in paradiso. Desideravo sapere qualcosa dei miei genitori: loro mandarono un uomo a Brzozòw, e così seppi che i tedeschi li avevano fucilati. Rimasi addolorata, mi tenevo il dolore dentro di me, la Gestapo veniva spesso in casa del prete, perché in quei giorni erano stati uccisi dei tedeschi nella foresta vicina. Nel frattempo era tornata a Brzozòw anche mia zia, arrivò a casa del prete su un carro, restò qui qualche settimana, poi la mandarono da sua madre, però mia zia non poteva rimanere molto tempo, e si arruolò come volontaria per il lavoro. Dalla Germania mi scriveva spesso. Così vissi senza cambiamenti fino all'arrivo dell'Armata rossa. Dopo la liberazione mi hanno mandata alle medie. Mio zio, che vive a Lione in Francia, voleva portarmi con sé. Io non posso lasciare la gente che si è occupata così amorevolmente di me rischiando la vita. Sto bene così. Non parlano mai male degli ebrei in mia presenza. I miei tutori non sono antisemiti. Amo la religione cristiana. Ora mi chiamo Sofia Kuzniak, non andrò dallo zio in Francia. Abito a Chmielnik e faccio la quarta media."

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