sabato 18 agosto 2012

L’Alta Corte australiana nega l’estradizione in Ungheria dell’ex nazista Karoly Zentai


L’Alta Corte di Giustizia australiana ha respinto definitivamente mercoledì scorso l’estradizione in Ungheria di Karoly Zentai (8 Ottobre 1921), un australiano di origini ungheresi che ha raggiunto ormai la veneranda età di 90 anni, accusato di crimini di guerra a Budapest durante la II guerra mondiale. Per diversi anni, infatti, ha stabilito la sua residenza a Perth, in Australia, dopo aver vissuto in Germania nelle zone occupate dagli americani e dai francesi dopo la seconda guerra mondiale.



Karoly Zentai è sospettato di aver partecipato con due soldati ungheresi alla tortura e all’omicidio, commesso l’8 novembre 1944, di un giovane ebreo diciottenne di Budapest, Péter Balázs semplicemente perché non aveva indossato la stella gialla mentre era sul treno. L’ufficiale ungherese lo avrebbe quindi tratto in arresto e condotto presso la sua caserma di Arena utca 51 dove, insieme insieme ad altri due soldati – Mader Bela e Lajos Nagy – sarebbe stato selvaggiamente torturato a morte e, alla fine, gettato nelle acque del Danubio. Alla fine della guerra, Mader fu condannato all’ergastolo e Nagy alla pena capitale per crimini di guerra e, proprio nel corso del processo celebrato nei confronti di quest’ultimo, venne alla luce il ruolo svolto da Zentai nell’omicidio del giovane ebreo ungherese.

Zentai all’epoca era arruolato nell’esercito ungherese che, com’è noto, all’epoca era alleato con la Germania nazista. È stato inserito nella lista dei dieci criminali di guerra più ricercati dal Centro “Simon Wiesenthal”, che ha come principale mission quella di scovare i nazisti in ogni parte del mondo e, a tal fine, ogni anno redige una relazione sullo stato delle ricerche in tutto il mondo dei criminali di guerra nazisti. Sulla base di queste informazioni, nel 1948, le autorità ungheresi intrapresero immediatamente un’azione legale contro Zentai per trarlo in arresto ma, a quel tempo, già aveva provveduto a far perdere le sue tracce lasciando l’Ungheria e riparando nella zona americana della Germania occupata. Gli ungheresi chiesero la sua estradizione in modo da poterlo processare a Budapest ma, per motivi non del tutto chiari, l’ex ufficiale non fu rispedito in patria per rispondere dei suoi crimini.


Karoly Zentai, nel 1950, giunse dunque in Australia senza preoccuparsi neanche di celare la sua vera identità, facendosi semplicemente Charles, la traduzione inglese del suo nome. Oggi è un cittadino australiano e, ovviamente, nega tutte le accuse che gli sono state addebitate.

A distanza di molti anni Zentai è stato scovato dal Centro “Simon Wiesenthal”, grazie all’Operazione “Last Chance” lanciata ufficialmente in Ungheria il 13 luglio 2004, in seguito ai numerosi documenti presentati dal fratello della vittima, Adam Balázs, un anziano sopravvissuto all’Olocausto che vive a Budapest, allegando anche circa due dozzine di pagine contenenti le dichiarazioni dei testimoni a decorrere dal 1948, che provano che suo fratello Péter fu ucciso proprio da Karoly Zentai. Questo caso è stata seguito appassionatamente per lungo tempo proprio dal direttore del Centro “Simon Wiesenthal” Efraim Zuroff. Finché l’8 luglio 2005, Zentai è stato finalmente arrestato dalla polizia federale australiana e assicurato alla giustizia in attesa dell’estradizione in Ungheria richiesta dal Centro Wiesenthal per sottoporlo al giudizio di un tribunale militare ma, nel dicembre del 2009, l’ex ufficiale ungherese è stato rilasciato su cauzione. I familiari di Zentai hanno riferito che il loro congiunto ormai è un vecchio vedovo di 90 anni, affetto da una patologia cardiaca e una neuropatia periferica e, pertanto, non sarebbe sopravvissuto al viaggio in Ungheria.

Il governo australiano ha approvato la sua estradizione nel 2009, ma il provvedimento è stato rovesciato nel 2010, in prima istanza e poi definitivamente in appello nel 2011. L’Alta Corte, le cui decisioni sono definitive, ha concluso che Zentai non può essere estradato perché all’epoca in cui si sono svolti i fatti non esisteva in Ungheria il reato di “crimine di guerra”.

Ernie Steiner, figlio dell’imputato, ha più volte dichiarato che suo padre è disposto a collaborare con la giustizia australiano per far luce su questo episodio, ma non vuole assolutamente essere estradato in Ungheria. Le autorità giudiziarie magiare hanno reiterato la richiesta di estradizione dopo che il Centro “Simon Wiesenthal” ha accusato Zentai di essere fuggito dall’Ungheria, rifugiandosi in Germania al termine del secondo conflitto mondiale. Poche settimane or sono un magistrato di Perth ha stabilito che Zentai potesse essere estradato in Ungheria per affrontare le accuse di crimini di guerra che gli sono state addebitate, ma i suoi legali hanno presentato un ricorso contro questa sentenza emessa dalla corte federale di Perth, sostenendo che il reato di cui è accusato all’epoca dei fatti non costituiva reato secondo il diritto ungherese che è stato confermato dall’Alta Corte di Giustizia australiana.

A questo punto si attende fiduciosi che chi di competenza riesca a ripristinare il normale corso della giustizia – che, si badi bene, non significa affatto vendetta – ma il modo più efficace per rendere il doveroso omaggio alla memoria di chi ha pagato con la propria giovane vita la “colpa” di non indossare un ignominioso distintivo.

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