domenica 21 aprile 2013

GIANNINA BELLINZONI E LA SUA FAMIGLIA

SALVARONO UN IMPRENDITORE EBREO
Testimonianza di Silvana Rocchetti, nipote di Maria Bellinzoni - Milano, 18 settembre 2009


Durante la Seconda guerra mondiale la famiglia Bellinzoni lascia la casa di Milano e si trasferisce a Cadorago, vicino a Como, per sfuggire ai bombardamenti. Le due figlie Giannina e Maria continuano però ad andare tutti giorni in città a lavorare: Giannina è impiegata in un’azienda di fibbie per calzature che appartiene a un ebreo, il signor Stemberg.
All’entrata in vigore delle leggi razziali la moglie e i figli di Stemberg partono per la Francia mentre l’imprenditore preferisce restare in città a gestire gli affari. Un giorno le SS. si presentano in ufficio chiedendo del sig. Stemberg che per fortuna in quel momento non c'era, ma era sicuro che sarebbero ritornati...
La famiglia Bellinzoni intuisce che l’uomo rischia la vita e decide di offrirgli rifugio nell’appartamento di viale Certosa rimasto vuoto: questa scelta mette in pericolo tutti loro dato che chiunque fosse stato sorpreso a nascondere gli ebrei era punito con l’arresto e la deportazione.
Da quella casa il signor Stemberg non esce mai: è Giannina che si occupa di lui portandogli ogni giorno il cibo e i resoconti sulla situazione dell’azienda fino alla conclusione della guerra, quando Stemberg raggiunge i suoi parenti a Marsiglia, dove oggi vivono i suoi eredi.
Giannina, Maria e la famiglia Bellinzoni a rischio della propria vita e di quella dei loro familiari non si sono tirati indietro di fronte alla possibilità di salvare una vita umana: hanno perseguito ciò in cui credevano con grande forza e coraggio, sfidando ogni possibile pericolo, il loro senso di giustizia, di uguaglianza e di onestà merita di essere per sempre ricordato.

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